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mercoledì 17 febbraio 2016

Archeologia: l’indagine dell'anima

di Valeria Giovannini
(Commento a Valentina Erculiani e Roberto Sirigu, Archeologia inversa, Edizioni Le foglie del gelso, 2015)


Un archeologo e una psicanalista. Dialogo d'anima. Nel profondo della terra. Nella memoria del sotterraneo. "Diventare una cosa morta è il nostro destino". Il suicidio di un collega. Il suo corpo abbandonato sugli scogli. "Una cosa. Il giorno prima era con noi. Ed oggi, ora, è una cosa." La consapevolezza che l'archeologia si occupa di "cose". Compresi i corpi, un tempo vivi.
Poi divenuti irrimediabilmente resti. Ri-trovamenti. Lavorare sull'assenza. Attraverso il dubbio. Le ipotesi. Il mistero. Non si trovano risposte. Ma domande. La presenza nell'incontro, nel dialogo. L'assenza davanti alla propria solitudine. Solo ascolto. Certi sogni ci inseguono per una vita. L'angoscia di fronte a delle ossa, negli scantinati di una casa affettiva. Archeologia familiare. Ri-suscitare la materia. Una massa inerme. Un buco nero. E cercare una fessura dove possa filtrare una luce. E la materia vive. Gli atomi non sono nulla se non sono accarezzati dalla leggerezza. Senza soffio. Senza trallallà. Rivivere le emozioni. Davanti a uno specchio. Dipanare la matassa della vita. L'esperienza. Eros e logos. In continuo movimento. Ogni incontro è trasformazione. Divenire. Di persone. E di cose. Di una fotografia dimenticata in fondo a una scatola. Nell'incontro, conoscere. Entrare in relazione è trasformare. Ed essere trasformati. Pur con tutto il rispetto possibile. Verso noi stessi e l'Altro.

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