La memoria è custodita in molti luoghi, ma soprattutto nell'animo dell'uomo
di Marina Zinzani
di Marina Zinzani
(Commento di Angelo Perrone)
(ap) Il 27 gennaio è il giorno della
memoria. L’assemblea generale delle Nazioni Unite decise nel 2005 di
commemorare ogni anno le vittime della Shoah, lo sterminio del popolo ebraico,
e di ogni forma di genocidio. La data coincide con il giorno in cui l’Armata
rossa sovietica, nella sua avanzata verso la Germania, liberò il campo di
concentramento di Auschwitz in Polonia. La scoperta di quel campo e poi le
testimonianze dei pochi sopravvissuti, rivelarono al mondo intero l’orrore
incarnato dal nazismo.
Una fabbrica di morte con le sue
ramificazioni in ogni paese era stata predisposta per l’annientamento in Europa
del popolo ebraico. I rastrellamenti nei ghetti, a cominciare da quello del 16
ottobre 1943 a Roma (1000 ebrei furono catturati e portati via), le
deportazioni, la creazione dei campi di sterminio e di concentramento, i sistemi
di tortura, le camere a gas furono i momenti essenziali di una marcia verso la
morte cui fu avviato un intero popolo. 15 milioni furono le vittime del
genocidio, 6 milioni erano gli ebrei.
Il ricordo reca con sé la pietà per
le vittime e i sopravvissuti, lo sdegno irrevocabile per i responsabili di quel
massacro, ma anche un monito rivolto al presente, un granitico richiamo civico
che costituisca un possibile vaccino contro il contagio di quel male. La
rimozione può essere consolante per il singolo, pericolosa per la società.
L’indifferenza non deve gravare sulla storia.
La memoria sta nei
libri
quelli che raccontano
che sgomentano
che dicono cose
inenarrabili
la memoria sta negli
uomini
si perde spesso
scompaiono gli uomini
tutto si affievolisce
la memoria sta in un
bambino denutrito
in un mucchio di ossa
foto, immagini diventate
consuete
si appoggia la testa
sulle tracce di ciò
che è stato
si captano urla
disumane sofferenze
è così bello il sole
dopo
l’aria che sembra
lieve
una passeggiata che
sembra lieve
intrecci di vita
liberi, placati
e davanti il futuro
le urla si attenuano
in lontananza
lo sguardo deve essere
vigile
questo sussurrano le
voci
dai loro campi gelidi
di carne e di neve
si chiude la porta
della memoria
e si aprono gli occhi
perché niente si
ripeta.
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