La felicità nel qui ed ora
di Paolo Brondi
di Paolo Brondi
Nella nostra quotidianità forse è
veramente disperata la sorte di chi ricerca la felicità. Se ne possono comunque
ricercare le tracce, disseminate nei vari luoghi della cultura. Essere qui è
stupendo, dice R. M. Rilke (Lettere a un
giovane poeta, Adelfi, Milano 1985), significando l’impossibilità di
sottrarci del tutto all’effimero e alla banalità delle ore e dei tempi, ma
anche la necessità di non essere soccombenti, di non subire cioè tutta la forza
negativa del banale e di educarci e rieducarci a cercare sempre un senso, una
traccia di felicità.
Educarci con l’aiuto dei
sapienti. Platone insegna che la felicità non è cosa, non è un oggetto che si
può manipolare a piacere, ma è un processo. Espressiva la metafora dell’anima
alata che finché è in alto, fino a che trascende e spazia liberamente, è
naturalmente felice. Il problema sorge quando cade, quando si mescola alla
materia. Allora può subire le negatività dei sondaggi, delle opinioni, dei media
che riempiono il mondo di simboli, che si radicano nelle coscienze e le
spingono per ogni dove fino a perdere le ali.
Non tutti sono destinati a
perdere le ali. C’è libertà e modo di riprenderle. Ne costituisce prova la vita
di Socrate che non si aggrappa ai privilegi terreni, preferendo morire pur di
non abdicare ai suoi insegnamenti, certo di provare la stessa gioia dei cigni
quando tornano al loro dio e cantano come non mai. Ne è indicata la via (Simposio, Platone) che è quella di non
trascurare le richieste dell’anima che sono la saggezza, la moderazione, la
giustizia.
L’orizzonte sempre più si
accorcia in tempi nei quali i più dimenticano il sapore delle lezioni antiche e
rilassata si rende la coscienza di chi non ha spazi per meditare.
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