di Paolo Brondi
Concordammo
l’incontro per la sera stessa: l’accordo era di trovarci a Parigi, al cafè de
la paix, alle 21. Non l’avevo conosciuta prima: dovevo sentirla per risolvere
un problema di lavoro. Seduto ad uno degli eleganti tavoli circolari della
terrazza interna del cafè de la paix, non attesi più di 5 minuti l’arrivo della
donna.
Appena entrata nella sala, si diresse senza esitazione verso di me, capelli biondi e corti su un viso dolce e sbarazzino, occhi diamantini, trasmutanti tonalità e vivacità. Ordinai due Martini rossi e un paio di millefeulle de pain noir et salmon fumè, accompagnati da coppe di vino rosso Touraine.
Appena entrata nella sala, si diresse senza esitazione verso di me, capelli biondi e corti su un viso dolce e sbarazzino, occhi diamantini, trasmutanti tonalità e vivacità. Ordinai due Martini rossi e un paio di millefeulle de pain noir et salmon fumè, accompagnati da coppe di vino rosso Touraine.
Mentre lei,
Carla, sorseggiava l’aperitivo, gustava, senza divorare, gli squisiti panini e
socchiudeva un poco gli occhi assaporando il Touraine, io compievo la medesima
operazione, guidato dall’istinto del ricercatore, attento alle sfumature, al
gioco dei silenzi.
La interrogai
sul caso di cui mi occupavo, ottenendo risposte via via più lente e faticose. Mi
sentii partecipe del suo disagio, visibile nel pallore del viso e negli occhi
che diventavano più umidi. Cercai di ridurre l’intensità emotiva di quell’incontro,
invitando Carla ad uscire dal cafè per passeggiare un poco nella bella piazza
dell’Opèra Garnier.
Fuori, il
chiarore della luna nascente addolciva l’austera monumentalità dell’Opèra,
giocando con le ombre lungo il colonnato e destando memoria d’amori, di misteri.
Dialogammo quietamente, una volta passati al tu: «Carla, qui veniva spesso Marcel
Proust». «Lo so, Giulio, e ricordo che qui trovò ispirazione per la creazione
del personaggio della duchessa di Guermantes nell’opera “Alla ricerca del tempo
perduto”. Ti piace questo libro?».
«E’ un libro
veramente galeotto perchè c’illude di poter recuperare l’essenzialità del tempo
passato che, in realtà, si sottrae ad ogni restaurazione. Ma quell’ombra, vedi
lassù, non ti ricorda il fantasma dell’opera di Gaston Leroux? ». «Caro Giulio,
l’ombra, il fantasma, può essere ma siamo noi, spesso, a nasconderci nell’ombra
dietro lo schermo degli argomenti, delle tante e neutre parole, negandoci».
Mentre la
luna si nascondeva dietro una nuvola, ci salutammo con un tenerissimo abbraccio
e con l’animo appesantito da una profonda inadeguatezza, da un palese
decadimento.
un raccontino intrigante, pieno di tenerezza e di mistero, che, maliziosamente, crea nel lettore molte aspettative senza soddisfarle.
RispondiEliminaFrancesco Gozzi