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martedì 14 novembre 2017

Due grandi mani

di Marina Zinzani
Tratto da “I racconti dell’acqua”
(Commento di Angelo Perrone)

(ap) Un rubinetto che perde: le gocce di acqua fanno rumore in una notte silenziosa e angosciosa per i litigi avvenuti. Il loro suono richiama alla mente una perdita ben più importante: quanto si è smarrito inesorabilmente nel rapporto di coppia, usurato dal tempo e dagli egoismi. Più difficile rispetto a quel rubinetto, ma non impossibile, riparare i danni, ci vorranno tempo e piccoli gesti, di entrambi.
L’acqua è il tema ricorrente di questi Racconti. Elemento prezioso, simbolo di energia, di vitalità, del divenire stesso, attraversa la parola scritta come protagonista discreta e misteriosa di storie diverse. Ma che finiscono per dare rilievo proprio a lei, l’acqua, scoprendone le molteplici dimensioni di senso.

La notte era arrivata, ma non il sonno. Augusto si girava nel letto, forse aveva una digestione difficile, forse le vicende della serata avevano creato un sottile malumore fra le mura di casa, per cui era difficile che il corpo fosse rilassato, pronto ad abbandonarsi all’oblio della notte.
C’era stata una discussione in casa, una cosa da nulla, semplicemente lui aveva detto che le polpette della moglie, preparate e messe in freezer qualche tempo prima, non erano molto saporite. Aveva chiesto semplicemente “Ma l’hai messo il sale? Non sanno di nulla.”
Ci sono delle cose che bisogna stare attenti a dire, e una di queste è fare un reclamo, un piccolo  reclamo verso i cibi preparati dalla moglie, soprattutto quando questa appare particolarmente stressata, stanca, di cattivo umore dopo una pesante giornata di lavoro. Ecco non bisogna inserirsi in questo contesto negativo indicando che il piatto della sera non è buono, non sa di nulla, o manca di sale.
Perché Martina, sua moglie, era sembrata uscire di senno per qualche minuto, erano uscite dalla sua bocca tante di quelle cose che lui faceva fatica a ricordare, che tutta la gestione della casa spettava a lei, e lui nulla, che il bambino, sei anni aveva suo figlio, lo doveva seguire sempre e solo lei, che lui neanche si preoccupava di portare via l’immondizia, di fare la spesa, per alleviare le fatiche di lei, mai, mai nulla. Mai nulla.
Lui ci era rimasto male di fronte a quello sfogo con la voce alta, era dunque così infernale la vita di sua moglie? Certo, lo sapeva, lei lavorava otto ore, il bambino era da seguire e gli orari erano tremendamente da incastrare, sapeva anche che era un uomo un po’ assente, ma d’altronde come erano tanti suoi amici…
Le polpette erano veramente insipide, forse la carne di scarsa qualità, e il sugo non era stato neanche riscaldato bene, c’era una parte ancora gelida da freezer, ma non aveva detto altro, aveva preferito tacere e non inasprire la tensione.
Era restato in silenzio a tavola, poi qualcosa aveva cominciato a dire, cosa c’era in televisione da vedere quella sera, aveva parlato un po’ con suo figlio, ma lei, Martina, nulla, non una parola. Aveva visto improvvisamente una sorta di infelicità domestica, un mondo pesante e soffocante in cui lei si sentiva soffocare, sfibrata da troppe cose da fare.
Ecco, la notte era arrivata, era a fianco di lui  sua moglie e gli dava le spalle, niente, non una parola dalla faccenda delle polpette, maledette polpette, se avessero mangiato dei semplici spaghetti al pomodoro o al burro tutto questo non sarebbe accaduto, lei non sarebbe esplosa in quel modo.
Alle due di notte, mentre il sonno tardava a venire, la prima goccia. Tac. Poi ancora. Tac. Poi un’altra, tac, tac, tac, lo conosceva quel ticchettio, era il rubinetto del lavandino che perdeva, eppure era sicuro di averlo chiuso. Si alzò, non accendendo la luce per non svegliare la moglie, e si diresse a tentoni verso il bagno. Provò a chiudere meglio  il rubinetto, ma fu inutile. Tac, tac, tac, goccia, goccia, goccia, perde il rubinetto, domattina devo ripararlo, pensò.
Tornò a letto, e quel ticchettio regolare, ma quasi insidioso nella sua mente, continuava, tac, tac, domattina lo riparo, anche questa ci voleva, devo andare a casa di quella donna presto, devo sistemarlo prima. Pensieri affollati, con tubi, lavandini, perdite d’acqua, che insediavano la sua mente, perché lui era un idraulico, e di rubinetti che perdevano ne vedeva da una vita.
Solo che quella goccia, tac, e quella dopo, tac, univano fastidio a una sensazione desolante. Un pensiero gli balenò: se non avesse fatto l’idraulico, se avesse studiato, se si fosse preso una laurea, magari ora aveva uno studio avviato con tanti clienti e un buono stipendio che portava a casa, e la moglie avrebbe potuto lavorare meno, o non lavorare, e non ci sarebbero stati neanche problemi di mutuo e l’affanno per i soldi…
L’acqua perdeva dal rubinetto, e sembrava si fosse perso altro in quella casa, una lucentezza, una complicità mista a leggerezza e buon umore, sembrava che qualcosa di negativo fosse entrato nella sua bella storia d’amore, e ne avesse offuscato i bagliori, fino a rendere tutto quotidianità stanca.
Se non avesse seguito i consigli di suo padre. “Gli idraulici guadagnano bene - gli diceva - e con quelle mani grandi che hai, vedrai come ti riuscirà tutto facile, sai aggiustare tutto, tu”. Suo padre aveva avuto una vita difficile, e guardava sempre con ammirazione il vicino che faceva l’idraulico e che si era comprato una grande casa. Il vicino fu il suo primo datore di lavoro, poi lui si era messo in proprio, ma con la crisi non erano tutte rose e fiori, era una faccenda difficile mantenere una famiglia e pagare un mutuo per un modesto appartamento.
Sbiadito l’amore, stanchezza serale, la speranza che antichi bagliori, di complicità, di una forma di gioia, si risvegliassero nell’unica settimana di vacanza all’anno, la sua vita appariva appesantita, e quel peso sembrava essersi messo contemporaneamente anche nel corpo, che aveva preso parecchi chili negli ultimi anni. Mentre sua moglie era dimagrita, il nervosismo si notava nella mascella che stringeva spesso e nella fronte perennemente corrugata, nonché negli scatti che ogni tanto aveva, anche nei confronti del bambino.
Riparare il lavandino, riparare la perdita d’acqua, piccola, non si perdeva tanta acqua, ma piano piano, goccia dopo goccia, la perdita era significativa, si perdeva ogni giorno qualcosa, ogni giorno qualcosa, fino a far fatica a trovarsi, a trovare nell’altro la persona di un tempo.
Il sonno arrivò dopo un’ora, goccia dopo goccia, i pensieri si placarono. Si svegliò anche prima che suonasse la sveglia. Cominciò a riparare subito il lavandino. Poi si diresse in cucina, e svuotò la lavastoviglie. Non lo faceva mai.
Poi preparò la tavola con la colazione, e chiuse il sacco dell’immondizia, l’avrebbe portato via lui. Anche quelle erano cose che non faceva mai. Tazze sulla tavola, anche biscotti, tutto ordinato, anche un frullato fece trovare a sua moglie, quando arrivò.
Un piccolo sorriso gli fece lei, meglio che niente.

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