di Marina Zinzani
Tratto da “I racconti
dell’acqua”
(Commento di Angelo Perrone)
(ap) Un rubinetto che perde: le
gocce di acqua fanno rumore in una notte silenziosa e angosciosa per i litigi avvenuti.
Il loro suono richiama alla mente una perdita ben più importante: quanto si è
smarrito inesorabilmente nel rapporto di coppia, usurato dal tempo e dagli
egoismi. Più difficile rispetto a quel rubinetto, ma non impossibile, riparare
i danni, ci vorranno tempo e piccoli gesti, di entrambi.
L’acqua è il tema
ricorrente di questi Racconti. Elemento prezioso, simbolo di energia, di
vitalità, del divenire stesso, attraversa la parola scritta come protagonista
discreta e misteriosa di storie diverse. Ma che finiscono per dare rilievo
proprio a lei, l’acqua, scoprendone le molteplici dimensioni di senso.
La
notte era arrivata, ma non il sonno. Augusto si girava nel letto, forse aveva
una digestione difficile, forse le vicende della serata avevano creato un
sottile malumore fra le mura di casa, per cui era difficile che il corpo fosse
rilassato, pronto ad abbandonarsi all’oblio della notte.
C’era
stata una discussione in casa, una cosa da nulla, semplicemente lui aveva detto
che le polpette della moglie, preparate e messe in freezer qualche tempo prima,
non erano molto saporite. Aveva chiesto semplicemente “Ma l’hai messo il sale?
Non sanno di nulla.”
Ci
sono delle cose che bisogna stare attenti a dire, e una di queste è fare un
reclamo, un piccolo reclamo verso i cibi
preparati dalla moglie, soprattutto quando questa appare particolarmente
stressata, stanca, di cattivo umore dopo una pesante giornata di lavoro. Ecco
non bisogna inserirsi in questo contesto negativo indicando che il piatto della
sera non è buono, non sa di nulla, o manca di sale.
Perché
Martina, sua moglie, era sembrata uscire di senno per qualche minuto, erano
uscite dalla sua bocca tante di quelle cose che lui faceva fatica a ricordare,
che tutta la gestione della casa spettava a lei, e lui nulla, che il bambino,
sei anni aveva suo figlio, lo doveva seguire sempre e solo lei, che lui neanche
si preoccupava di portare via l’immondizia, di fare la spesa, per alleviare le
fatiche di lei, mai, mai nulla. Mai nulla.
Lui
ci era rimasto male di fronte a quello sfogo con la voce alta, era dunque così
infernale la vita di sua moglie? Certo, lo sapeva, lei lavorava otto ore, il
bambino era da seguire e gli orari erano tremendamente da incastrare, sapeva
anche che era un uomo un po’ assente, ma d’altronde come erano tanti suoi
amici…
Le
polpette erano veramente insipide, forse la carne di scarsa qualità, e il sugo
non era stato neanche riscaldato bene, c’era una parte ancora gelida da
freezer, ma non aveva detto altro, aveva preferito tacere e non inasprire la
tensione.
Era
restato in silenzio a tavola, poi qualcosa aveva cominciato a dire, cosa c’era
in televisione da vedere quella sera, aveva parlato un po’ con suo figlio, ma
lei, Martina, nulla, non una parola. Aveva visto improvvisamente una sorta di
infelicità domestica, un mondo pesante e soffocante in cui lei si sentiva
soffocare, sfibrata da troppe cose da fare.
Ecco,
la notte era arrivata, era a fianco di lui
sua moglie e gli dava le spalle, niente, non una parola dalla faccenda
delle polpette, maledette polpette, se avessero mangiato dei semplici spaghetti
al pomodoro o al burro tutto questo non sarebbe accaduto, lei non sarebbe
esplosa in quel modo.
Alle
due di notte, mentre il sonno tardava a venire, la prima goccia. Tac. Poi
ancora. Tac. Poi un’altra, tac, tac, tac, lo conosceva quel ticchettio, era il
rubinetto del lavandino che perdeva, eppure era sicuro di averlo chiuso. Si
alzò, non accendendo la luce per non svegliare la moglie, e si diresse a
tentoni verso il bagno. Provò a chiudere meglio
il rubinetto, ma fu inutile. Tac, tac, tac, goccia, goccia, goccia,
perde il rubinetto, domattina devo ripararlo, pensò.
Tornò
a letto, e quel ticchettio regolare, ma quasi insidioso nella sua mente,
continuava, tac, tac, domattina lo riparo, anche questa ci voleva, devo andare
a casa di quella donna presto, devo sistemarlo prima. Pensieri affollati, con
tubi, lavandini, perdite d’acqua, che insediavano la sua mente, perché lui era
un idraulico, e di rubinetti che perdevano ne vedeva da una vita.
Solo
che quella goccia, tac, e quella dopo, tac, univano fastidio a una sensazione
desolante. Un pensiero gli balenò: se non avesse fatto l’idraulico, se avesse
studiato, se si fosse preso una laurea, magari ora aveva uno studio avviato con
tanti clienti e un buono stipendio che portava a casa, e la moglie avrebbe
potuto lavorare meno, o non lavorare, e non ci sarebbero stati neanche problemi
di mutuo e l’affanno per i soldi…
L’acqua
perdeva dal rubinetto, e sembrava si fosse perso altro in quella casa, una
lucentezza, una complicità mista a leggerezza e buon umore, sembrava che
qualcosa di negativo fosse entrato nella sua bella storia d’amore, e ne avesse
offuscato i bagliori, fino a rendere tutto quotidianità stanca.
Se
non avesse seguito i consigli di suo padre. “Gli idraulici guadagnano bene -
gli diceva - e con quelle mani grandi che hai, vedrai come ti riuscirà tutto
facile, sai aggiustare tutto, tu”. Suo padre aveva avuto una vita difficile, e
guardava sempre con ammirazione il vicino che faceva l’idraulico e che si era
comprato una grande casa. Il vicino fu il suo primo datore di lavoro, poi lui si
era messo in proprio, ma con la crisi non erano tutte rose e fiori, era una
faccenda difficile mantenere una famiglia e pagare un mutuo per un modesto
appartamento.
Sbiadito
l’amore, stanchezza serale, la speranza che antichi bagliori, di complicità, di
una forma di gioia, si risvegliassero nell’unica settimana di vacanza all’anno,
la sua vita appariva appesantita, e quel peso sembrava essersi messo
contemporaneamente anche nel corpo, che aveva preso parecchi chili negli ultimi
anni. Mentre sua moglie era dimagrita, il nervosismo si notava nella mascella
che stringeva spesso e nella fronte perennemente corrugata, nonché negli scatti
che ogni tanto aveva, anche nei confronti del bambino.
Riparare
il lavandino, riparare la perdita d’acqua, piccola, non si perdeva tanta acqua,
ma piano piano, goccia dopo goccia, la perdita era significativa, si perdeva
ogni giorno qualcosa, ogni giorno qualcosa, fino a far fatica a trovarsi, a
trovare nell’altro la persona di un tempo.
Il
sonno arrivò dopo un’ora, goccia dopo goccia, i pensieri si placarono. Si
svegliò anche prima che suonasse la sveglia. Cominciò a riparare subito il
lavandino. Poi si diresse in cucina, e svuotò la lavastoviglie. Non lo faceva
mai.
Poi
preparò la tavola con la colazione, e chiuse il sacco dell’immondizia,
l’avrebbe portato via lui. Anche quelle erano cose che non faceva mai. Tazze
sulla tavola, anche biscotti, tutto ordinato, anche un frullato fece trovare a
sua moglie, quando arrivò.
Un
piccolo sorriso gli fece lei, meglio che niente.
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