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martedì 6 febbraio 2018

Oltre le sbarre

Ingresso a Civitella, di Francesco Trombadori
Incroci pericolosi, da superare. Per spostarsi da un luogo ad un altro, in cerca di un mondo diverso

Poesia
di Marina Zinzani
(Intervento di Angelo Perrone)

Sbarre che si alzano
cosa c’è di là
il mare?
A lungo abbassate
proprietà privata la felicità
le sbarre ogni tanto si alzano
vieni
passiamo assieme
godiamoci questo momento.

(ap) Una luce rara, forse nel tardo pomeriggio di un giorno qualsiasi, avvolge l’ “Ingresso a Civitella” di Francesco Trombadori e il suo solitario passaggio a livello con le sbarre quasi completamente alzate, a permettere l’attraversamento dei binari del treno. Un movimento, quello della sbarre, ancora in corso eppure così impercettibile.
Ma sulla strada, non ci sono né viaggiatori in attesa, né merci che debbano essere portate dall’altra parte. Non si odono fruscii di auto, né riflessi di fari accesi, né vociare di pedoni frettolosi, e neppure lo sferragliare della locomotiva transitata da poco.
L’atmosfera è deserta. Pervasa da toni crepuscolari e sfuggenti, per quell’avorio di cui è permeato tutto il paesaggio, a partire dalla strada in primo piano. Persino lo sfondo lontano è avvolto da questo colore che, oltre la strada in terra battuta, si insinua anche tra i rami degli alberi di là dai binari e regala riflessi quieti alle acque del lago. La raffigurazione delle assenze e la scelta dei colori formano un paesaggio del silenzio, più che lunare. Non immobile però.
Può darsi che nulla sia davvero accaduto poco prima, che nessuno treno dovesse passare, e che non ci fosse nemmeno un viaggiatore interessato ad andare al di là delle sbarre, o che provenisse dall’altra parte. Le sbarre possono essere state azionate senza un motivo contingente, in modo automatico, perché così ne era stato programmato il movimento. Ad una certa ora sarebbero dovute rimanere abbassate, o poi dovevano rialzarsi, anche se nessuno doveva transitarvi.
Eppure, non vi è staticità, quel mondo non è rinchiuso in schemi statici e bloccati nel tempo. Già il rosso utilizzato per dipingere le strisce sulle sbarre e sui ceppi di appoggio, così squillante, stimola una strana curiosità, priva di spiegazione. Poi una sorpresa accoglie l’ampia strada sterrata che porta al passaggio a livello. È il mistero del percorso successivo, più ristretto, tortuoso, che si snoda tra gli alberi del bosco e lungo la riva del lago, prima di perdersi lontano verso una meta ignota.
L’agilità di quello scorcio così animato attrae lo sguardo, invoglia a oltrepassare le sbarre, a intraprendere un percorso che certamente sarà pieno di meraviglie. Passare oltre quelle strisce rosse è superare incroci difficili, spostarsi altrove, forse in un luogo che sarà meno agevole, persino angusto, ma sicuramente più ricco e misterioso. Non è più tempo di sostare, ma di affrontare il passaggio che si fa avventura e diventa ricchezza. Da un luogo all’altro, dal mondo conosciuto e sperimentato, ad uno di cui si avvertono soltanto poche ma stimolanti tracce beneauguranti.
Oltre le sbarre rosse c’è uno spazio attraente dove spingerci, noi esuli dal cuore straziato. Dove trovare scampo dai pericoli, fuggendo dalle rovine del presente, senza neppure sapere se dobbiamo attendercene di peggiori. Comunque con la certezza di poter vedere finalmente dei lampi erranti lungo la strada che percorriamo a passo lesto.

1 commento:

  1. lo sguardo nel frattempo pero' s'e' perso, scavallando l'ultimo tratto visibile di lungolago, impossibile da trattenere;
    che si fa ? si va anche noi?

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