Pagine

domenica 18 febbraio 2018

Colori lievi

I versi del poeta per raccogliere voci lontane e ascoltare se stessi

di Marina Zinzani
(Commento a “Poesia, canto universale”, PL, 21/3/17)

Potrei morire oggi, ma non ho vissuto invano. Ho raccolto le particelle dell’aria, il canto degli uccelli, il volo delle rondini, i gorgheggi dell’acqua da una fontana. Ho catturato una stella, ho sentito voci lontane, ho visto colori diversi, un turchese difficile da trovare, un viola che racchiudeva la magia di vette elevate e misteriose.
Ho parlato con le fate, con chi è caduto in guerra, con chi ha perduto tutto e trovato tutto in un’altra persona diventata sua compagna di cammino. Ho raccolto margherite, sfogliandone i petali, mi ha parlato la luna, voce consolante in notti difficili, mi ha rincuorato l’albero, protetto con i suoi rami offrendomi ombra, ha cantato per me l’uccellino, e la farfalla si muoveva in concerto di colori e lievità. Ho ascoltato la voce di un barbone, di un uomo alla deriva, ho raccolto la mia voce. Di anima alla deriva.
Pensieri di qualcuno, qualcuno che scriveva poesie. Nome rimasto sui libri di letteratura, è nato nel…, è morto nel…, ha composto… Oppure era un poeta che non ha mai raggiunto la fama, fama data dagli altri, ma ha scritto in un libricino delle poesie, chissà se mai lette da qualcuno.
“I naufraghi che gremiscono le acque del mare profondo percepiscono finalmente come vicina e raggiungibile l’agognata terra ferma”. 
Naufraghi misteriosi, dispersi nel mare, senza i puntelli di verità di altri, e per questo loro essere naufraghi riescono ad udire, comprendere, e alla fine a trascrivere: potrebbe essere questa la vita dei poeti. Raccogliere voci lontane, e nel raccoglierle, come per magia, ascoltare la propria voce. Sbocco che diventa salvezza, conforto, anche se si scrive il dolore e il male di vivere, proprio e degli altri.
Sono quasi sempre perdenti, i poeti. Forse perché sono in prima linea, come in una guerra di trincea. Raccolgono segnali, sanno, sanno ciò che accadrà, anche avanti negli anni. Vedono prima, soffrono prima dei loro simili.
Onore ai poeti, non nomi sui libri di scuola e sonetti imparati a memoria, ma vita vibrante, che riesce ancora a luccicare, mostrandoci “il male di una fatica, la pena di una lacerazione, l’allegria divertita di un sorriso”.

Nessun commento:

Posta un commento