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mercoledì 18 dicembre 2019

Realtà immaginarie?

Il cliente sbronzo di un bar, un biglietto trovato in una giacca ritirata dalla lavanderia, e persino i fiocchi di neve: nulla in comune? Il difficile rapporto tra l’ordine e il disordine. E qualche spunto per la scuola

di Davide Morelli

In definitiva la matematica esiste per contare, per misurare ed anche per dimostrare. Per i formalisti i numeri non sono altro che simboli. Ma la matematica può essere rivelatrice di qualcosa di più profondo inerente l'esistenza. Nel romanzo di Musil I turbamenti del giovane Törless, a proposito dei numeri immaginari il protagonista dice: "Questa unità non esiste. Ogni numero, positivo o negativo che sia, elevato al quadrato dà una quantità positiva. Dunque non può esistere un numero reale che sia la radice quadrata di una quantità negativa".
Ma che cosa turba davvero Torless? Una prostituta disposta ad essere schiava, la crudeltà dei compagni del collegio o proprio i numeri immaginari? Che cosa fa vedere a Torless la realtà in due modi, cioè quello ordinario e quello che fa intuire "una vita segreta" delle cose? Forse sono davvero i numeri immaginari e non certe esperienze di vita? Non lo sapremo mai. Musil in fondo era sia un ingegnere che uno psicologo. Lo turbava di più il lato oscuro dell'animo umano oppure la filosofia della matematica, la metafisica dei numeri?
Forse Torless era turbato allo stesso modo da entrambe le cose. Potremmo affermare, facendo una analogia tra matematica e realtà, che l'irrazionale erompe dal razionale, come la diagonale di un quadrato di 1 centimetro che rappresenta appunto un numero irrazionale deriva da due lati quantificabili con un numero intero e naturale. La realtà presenta caso o quantomeno disordine a cui molti esseri umani vogliono mettere ordine. Ci sono alcuni scienziati che cercano di predire le urgenze di un ospedale in un dato periodo oppure alcuni eventi nefasti come le bombe d'acqua, la caduta di un meteorite e i terremoti. Eppure non tutti gli esseri umani cercano la sintropia.
Ci sono anche artisti che godono dell'entropia e che vogliono aggiungere disordine al disordine. Scriveva Nietzsche che "bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una stella danzante". Ci sono sempre stati nella storia dell'arte e della letteratura sia artisti organici che disorganici. Non sempre si è razionali. L'inconscio è una struttura portante della nostra psiche. L'irrazionale erompe dall'ordinarietà: lo sanno bene i baristi che talvolta si imbattono nel fine settimana in alcuni clienti sbronzi che raccontano loro la storia della vita.
L'irrazionale emerge dal quotidiano, come un biglietto trovato in un libro preso a prestito in biblioteca o nel giubbotto appena ritirato dalla lavanderia. A volte ci chiediamo se alcuni piccoli dettagli siano davvero insignificanti o se siano degli indizi di qualcosa più grande come le coincidenze. C'è sempre qualcosa che ci sfugge: la dimostrazione del sesto senso è data dalle statistiche che dimostrano che ci sono meno viaggiatori nei disastri aerei o ferroviari quando si verificano dei disastri rispetto a quando tutto fila liscio.
Ma ritorniamo ai numeri. Lo stesso rapporto tra la misura di una circonferenza e il suo diametro dà come grandezza il pi greco, che è anche esso un numero irrazionale. In fondo non c'è da stupirsi perché lo stesso Galileo Galilei considerava la matematica il linguaggio della natura. Anche i fiocchi di neve e le frastagliature delle coste possono essere rappresentati con dei frattali. Dietro una apparente irregolarità si cela una regolarità, che può essere descritta da numeri. Forse le scienze non possono esistere senza formule matematiche.
Circoli viziosi sono presenti nel linguaggio dei matematici e fanno in modo che la matematica non possa essere più considerata una scienza esatta. Non esistono più le certezze di un tempo in matematica. Ma come stiamo noi italiani con la matematica? Alcuni sostengono che la scuola italiana sia troppo umanistica. Forse è vero. Forse le facoltà scientifiche non sono più difficili solo perché i professori sanno che i loro allievi una volta laureati avranno delle maggiori responsabilità. Forse è una questione di formazione pregressa. Alle scuole superiori anche nei licei scientifici ci sono molte ore di italiano, latino, storia, filosofia. Alla stesso esame di maturità, nonostante alcune riforme, è cambiato ben poco: alle interrogazioni con un poco di approssimazione chiedono le stesse cose di cinquanta anni fa e che per diventare ragionieri bisogna più sapere di Foscolo e Manzoni che di contabilità.
Ma forse il vero limite della formazione è addirittura insito nelle scuole dell'obbligo, la cui pedagogia è troppo ancorata alla psicologia evolutiva di Piaget ed ai suoi stadi di pensiero. Secondo Piaget soltanto nell'adolescenza si raggiungerebbe il pensiero ipotetico-deduttivo, la forma più matura di logica. Forse il problema è un altro: forse anche la scuola dell'obbligo è vetero -umanista. Il risultato è che ai bambini delle elementari si insegna i rudimenti delle poesie di Leopardi, ma non si spiega loro alcun concetto semplificato riguardante l'algebra o la probabilità. Forse se si spiegasse che ad esempio l'integrale è una area sottesa ad una curva ci sarebbero più laureati in discipline scientifiche.

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