Il
cliente sbronzo di un bar, un biglietto trovato in una giacca ritirata dalla
lavanderia, e persino i fiocchi di neve: nulla in comune? Il difficile rapporto
tra l’ordine e il disordine. E qualche spunto
per la scuola
di
Davide Morelli
In
definitiva la matematica esiste per contare, per misurare ed anche per
dimostrare. Per i formalisti i numeri non sono altro che simboli. Ma la
matematica può essere rivelatrice di qualcosa di più profondo inerente
l'esistenza. Nel romanzo di Musil I turbamenti del giovane Törless,
a proposito dei numeri immaginari il protagonista dice: "Questa unità non
esiste. Ogni numero, positivo o negativo che sia, elevato al quadrato dà una
quantità positiva. Dunque non può esistere un numero reale che sia la radice
quadrata di una quantità negativa".
Ma
che cosa turba davvero Torless? Una prostituta disposta ad essere schiava, la
crudeltà dei compagni del collegio o proprio i numeri immaginari? Che cosa fa
vedere a Torless la realtà in due modi, cioè quello ordinario e quello che fa
intuire "una vita segreta" delle cose? Forse sono davvero i numeri
immaginari e non certe esperienze di vita? Non lo sapremo mai. Musil in fondo
era sia un ingegnere che uno psicologo. Lo turbava di più il lato oscuro
dell'animo umano oppure la filosofia della matematica, la metafisica dei
numeri?
Forse
Torless era turbato allo stesso modo da entrambe le cose. Potremmo affermare,
facendo una analogia tra matematica e realtà, che l'irrazionale erompe dal
razionale, come la diagonale di un quadrato di 1 centimetro che rappresenta
appunto un numero irrazionale deriva da due lati quantificabili con un numero
intero e naturale. La realtà presenta caso o quantomeno disordine a cui molti
esseri umani vogliono mettere ordine. Ci sono alcuni scienziati che cercano di
predire le urgenze di un ospedale in un dato periodo oppure alcuni eventi
nefasti come le bombe d'acqua, la caduta di un meteorite e i terremoti. Eppure
non tutti gli esseri umani cercano la sintropia.
Ci
sono anche artisti che godono dell'entropia e che vogliono aggiungere disordine
al disordine. Scriveva Nietzsche che "bisogna avere un caos dentro di sé per
partorire una stella danzante". Ci sono sempre stati nella storia
dell'arte e della letteratura sia artisti organici che disorganici. Non
sempre si è razionali. L'inconscio è una struttura portante della nostra
psiche. L'irrazionale erompe dall'ordinarietà: lo sanno bene i baristi che
talvolta si imbattono nel fine settimana in alcuni clienti sbronzi che
raccontano loro la storia della vita.
L'irrazionale emerge dal
quotidiano, come un biglietto trovato in un libro preso a prestito in
biblioteca o nel giubbotto appena ritirato dalla lavanderia. A volte ci
chiediamo se alcuni piccoli dettagli siano davvero insignificanti o se siano
degli indizi di qualcosa più grande come le coincidenze. C'è sempre qualcosa
che ci sfugge: la dimostrazione del sesto senso è data dalle statistiche che
dimostrano che ci sono meno viaggiatori nei disastri aerei o ferroviari quando
si verificano dei disastri rispetto a quando tutto fila liscio.
Ma
ritorniamo ai numeri. Lo stesso rapporto tra la misura di una circonferenza e
il suo diametro dà come grandezza il pi greco, che è anche esso un numero
irrazionale. In fondo non c'è da stupirsi perché lo stesso Galileo Galilei
considerava la matematica il linguaggio della natura. Anche i fiocchi di neve e
le frastagliature delle coste possono essere rappresentati con dei frattali.
Dietro una apparente irregolarità si cela una regolarità, che può essere
descritta da numeri. Forse le scienze non possono esistere senza formule
matematiche.
Circoli
viziosi sono presenti nel linguaggio dei matematici e fanno in modo che la
matematica non possa essere più considerata una scienza esatta. Non esistono
più le certezze di un tempo in matematica. Ma come stiamo noi italiani con la
matematica? Alcuni sostengono che la scuola italiana sia troppo umanistica.
Forse è vero. Forse le facoltà scientifiche non sono più difficili solo perché i
professori sanno che i loro allievi una volta laureati avranno delle maggiori
responsabilità. Forse è una questione di formazione pregressa. Alle scuole
superiori anche nei licei scientifici ci sono molte ore di italiano, latino,
storia, filosofia. Alla stesso esame di maturità, nonostante alcune riforme, è
cambiato ben poco: alle interrogazioni con un poco di approssimazione chiedono
le stesse cose di cinquanta anni fa e che per diventare ragionieri bisogna più
sapere di Foscolo e Manzoni che di contabilità.
Ma
forse il vero limite della formazione è addirittura insito nelle scuole
dell'obbligo, la cui pedagogia è troppo ancorata alla psicologia evolutiva di
Piaget ed ai suoi stadi di pensiero. Secondo Piaget soltanto nell'adolescenza
si raggiungerebbe il pensiero ipotetico-deduttivo, la forma più matura di
logica. Forse il problema è un altro: forse anche la scuola dell'obbligo è
vetero -umanista. Il risultato è che ai bambini delle elementari si insegna i
rudimenti delle poesie di Leopardi, ma non si spiega loro alcun concetto semplificato
riguardante l'algebra o la probabilità. Forse se si spiegasse che ad esempio
l'integrale è una area sottesa ad una curva ci sarebbero più laureati in
discipline scientifiche.
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