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venerdì 10 maggio 2024

Giorgia Meloni, la strategia insidiosa del nome

La personalizzazione nega il valore collettivo dell’azione politica 

(Sintesi dell’intervento pubblicato il 7.5.24 su Critica liberale, con il titolo Giorgia, il volto del potere)

(Angelo Perrone) «Scrivete solo Giorgia sulla scheda per le Europee», ha esortato la Meloni da Pescara al lancio della campagna elettorale. L’invito a scrivere solo il nome, senza il cognome, come se lei fosse l’amica di famiglia, la vicina di casa, è un messaggio pieno di significati.
È reso possibile da un artificio, scrivere sulla scheda che lei è Giorgia detta Giorgia, come se il nome fosse il soprannome di sé stesso. Si allude ad un rapporto diretto e speciale. Cadono le differenze, l’elettore è alla pari con chi esercita il potere. L’ambizione è convincere la gente, spingerla a votare, catalizzare i consensi e trainare il centro destra, non importa se poi lei non andrà affatto nel Parlamento europeo per cui chiede voti.
Il concetto insinua la vicinanza tra l’uomo comune e il detentore del potere. Il singolo esce dalla massa, non è più un numero. Scrivere il nome è una credenziale per entrare nel gruppo, far parte della cerchia. Si arriva a convincersi: «me l’ha chiesto lei personalmente di votarla».
Parole suggestive e ingannevoli. I politici, al pari degli influencer, sono alla ricerca di narrazioni per convincere. Le immagini sono messe al posto di idee e progetti. La sfida del populismo mediatico si gioca sulle illusioni in grado di distogliere l’attenzione da errori, incapacità, mancanza di visione politica.
La strategia del nome proprio è stata usata tante volte, con esiti a volte clamorosi. Personalizzare serve, eccome. Quanto alla durata, chissà. Spesso si creano bolle enormi, che scoppiano in fretta, o durano poco. Si pensi a Renzi, Salvini, Berlusconi.
Non sempre puntare sul nome ha portato fortuna. Ma non ha scoraggiato. Oggi la Meloni ci riprova e fa scuola. È forte la tentazione di fare lo stesso, aggiungere al cognome qualsiasi cosa serva a farsi notare. Per un voto in più.
Farsi chiamare per nome sarebbe utile ad eliminare le distanze, perfino la disaffezione. Non ci si lamenta dei rapporti tra politica e società? Eppure è difficile cogliere nella personalizzazione estrema della politica un carattere virtuoso.
Rimanendo alla Meloni, l’impressione è che la campagna elettorale di Fratelli d’Italia, e in genere la sua politica, sia concentrata su di lei, cioè sulla persona. La posizione politica coincide con l’immagine della leader. L’obiettivo è fare il botto. Una strategia che, scavando appena, mostra il vuoto dell’azione.
La Meloni è riuscita a parlare a lungo senza citare le liste d’attesa nella sanità pubblica e la carenza di medici nelle specializzazioni più delicate, né menzionare il livello basso dei salari che non permette alle famiglie di arrivare a fine mese, oppure la piaga degli incidenti sul lavoro.
La partecipazione al voto del capo del governo si accompagna al silenzio su cifre e situazioni. Conta la missione personale, è importante sollecitare l’adesione degli adepti.
Il messaggio è creare uno spartiacque, dividere tra il bene e il male. Il voto serve, in quella alternativa manichea, a giustificare le iniziative più azzardate e pericolose, dal premierato all’autonomia differenziata, all’attacco alla giustizia con la separazione delle carriere dei magistrati.
Abbiamo sperimentato la faccia dell’antipolitica rappresentata dal Movimento 5 Stelle. Non bastava. Scopriamo, ora, un’altra forma di antipolitica, che si identifica con la sovraesposizione dei leaders.
Personalizzare la politica è una scelta opposta alla socialità della vita politica. Perciò distorce la dialettica democratica.
In questa suggestione, non c’è prospettiva, solo tatticismo e alienazione. Dando spazio ai più intraprendenti, viene meno la partecipazione e tutto si riduce alla speculazione egoistica sul voto dei singoli. Manca il lievito del pensiero strategico che sappia offrire visione del futuro. Difetta in fondo la politica nella sua migliore accezione, che è sforzo congiunto di tutta la collettività in vista di obiettivi comuni.

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