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lunedì 15 settembre 2025

Quante valigie

(Commento a "Ombre di settembre" di Angelo Perrone)

di Marina Zinzani

Valigia come simbolo, il passato lasciato alle spalle, partenza, distaccarsi, ricominciare. 
Valigia come qualcosa di presente in ogni vita: la valigia per un viaggio, la frenesia gioiosa di quello che verrà, di giorni futuri che promettono molto, luoghi, incontri, novità. Un crescere e un divenire, la sorpresa e l’essere giovane.
Valigia come condivisione, valigia che arriva in una casa nuova, il progetto di una vita a due, consegnare qualcosa di sé all’altro, forse tutto: le aspettative, il nostro tempo, la dedizione, la cura. In quella valigia c’è anche l’ingenuità, arma spuntata impreparata di fronte ad incognite non previste, al destino.
Valigia in cui mettere le proprie cose, cercarle, sono sparse da qualche parte, è difficile trovarle. Un giorno ci si accorge del disordine e della mancanza. Ma quelle cose sono necessarie, per partire. Per ripartire. Amore che finisce, che forse era altro. I principi azzurri esistono solo nelle favole. Ed anche le principesse esistono da qualche altra parte. 
Valigia della maturità, dell’affanno, del dolore segreto, del disinganno, e della forza, richiamata anche da ciò che un tempo si amava e che ci rendeva noi, la parte di noi migliore. Valigia come rinascita oltre ogni violenza.
Valigia e i nostri beni invisibili: i ricordi, il piacere e ciò che abbiamo amato e che amiamo, la consapevolezza di portarsi dietro un piccolo patrimonio, che magari nessuno vede. Il tentativo di esistere, di essere padroni della nostra vita, in grado di fermarci, falliti spesso, disincantati pure, ma in grado di ripartire, per dovere verso noi stessi.

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