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mercoledì 19 ottobre 2016

Un ricordo, a S. Anna di Stazzema

(ap) A Sant’Anna di Stazzema, la mattina del 12 agosto 1944, una furia violenta travolse ogni cosa: intere famiglie distrutte, i nonni, i genitori, i figli; centinaia di corpi rimasero senza vita, trucidati, uccisi, straziati.
Anna era l’ultima nata nel paese ed aveva appena 20 giorni. Evelina quel mattino aveva le doglie del parto. Genny, prima di morire, scagliò una scarpa per difendere il suo piccolo.
Il prete del paese, Innocenzo, si offrì inutilmente alla furia impazzita per risparmiare i suoi parrocchiani. La famiglia Tucci ebbe otto fratellini uccisi.
Fu tolta la vita a 560 persone nel paese e nei suoi borghi vicini; tutti erano indifesi, colti di sorpresa, senza responsabilità e senza colpe.
Poi, il fuoco sopraggiunse a distruggere i corpi, non la vergogna di quelle azioni crudeli.

Ai piedi della collina su cui è stato costruito un monumento alla memoria, un uomo anziano qualche tempo fa gestiva un piccolo e frugale posto di ristoro per i viandanti di passaggio, era un superstite di quei giorni. Anche dopo settanta anni, il pudore impediva a chiunque di porgli delle domande su quegli avvenimenti.
La memoria resiste ancora nel tempo. Si respira un’aria intensa e misteriosa. Il silenzio isola quei luoghi da tutto il resto e li avvolge di sacralità. Tutti percorrono quelle strade ed il sentiero che porta al monumento con lentezza di movimenti. La mente è presa da una sensazione di turbamento profondo.
I campi sono rinati. I fiori sono tornati a crescere, a ricordo di quelle vite e della dignità umana così brutalmente oltraggiata.

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