di Giovanni
Muzi
Venuta da un punto luce
a un esiguo acciottolato di paese,
da un lato di un palazzo medievale,
sospese le sorprese
compresa agli altri e
al setting che riprese le distanze,
lontana, a una stretta di mano
sorrise.
Lì si fermò a un’istantanea di gruppo
si stagliò per sua natura, l’altura
sciolte le nevi, l’arsura
Eresse per sua grazia, la fretta
nascosta le sollevò gli occhiali scuri,
sui muri il suo sguardo tradì l’emozione
d’un tempo a pensarci.
Può starci o scapparci di mano
un’ illusione nel breve pomeriggio
la lingua biforcuta d’una vipera
tra cuore e pelle.
Non potevi che indossare un impermeabile
bianco, se il bianco è il colore che dicono.
Rivista più tardi
il timore d’una nave in secca,
steccati falcidiati e non raccolti,
molti minuti dopo,
forse giorni ad ore scostanti
quanti, tanti o pochi se
sempre uguali
quali quelli trascorsi
o già scorsi distrattamente
tra il niente e il nulla pressappoco.
Ora già qui,
a carte scoperte giocare una partita senza esito
e senza campo,
stanco del vetro della tv
spengo scusando una sigaretta
d’averla accesa.
Non potevi che indossare un impermeabile
bianco, se il bianco è il colore che dicono.
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