di Valeria Giovannini
(con un commento di
Angelo Perrone)
(ap) Tre versi, un haiku, su ciascun ombrellino. Seguendo la
tecnica poetica giapponese nata nel XVII secolo. Una mano leggera e sapiente li
scrive lentamente. È la ricamatrice di ombrellini. Il suo occhio attento
osserva il mondo. Non ha bisogno di parole superflue ed inutili per guardarsi
intorno e descrivere l’essenza di un accadimento. Una semplicità di parole che
cristallizza i particolari irrinunciabili del presente con rapidità e
concisione, squarci di rara intensità emotiva.
La stessa mano accompagna le brevi poesie riportate sugli ombrellini con i suoi pensieri di vita. Un arduo cammino e infinite resistenze si celano dietro la semplicità del passaggio da un ricamo all’altro. La vita di una farfalla ha incontrato veti improvvisi sul filo del tempo. Quelli del mutismo e della solitudine, difficile incontrare l’amore. Arriva finalmente l’ultimo raggio, ricco di suggestioni. Il sentimento travagliato e poi avvolgente. Il pozzo dell’amore al termine del lungo cammino. Il nord nella bussola del senso dell’esistere. Come un sibilo di vento tra gli alberi, un taglio di luce sui tetti della città.
La stessa mano accompagna le brevi poesie riportate sugli ombrellini con i suoi pensieri di vita. Un arduo cammino e infinite resistenze si celano dietro la semplicità del passaggio da un ricamo all’altro. La vita di una farfalla ha incontrato veti improvvisi sul filo del tempo. Quelli del mutismo e della solitudine, difficile incontrare l’amore. Arriva finalmente l’ultimo raggio, ricco di suggestioni. Il sentimento travagliato e poi avvolgente. Il pozzo dell’amore al termine del lungo cammino. Il nord nella bussola del senso dell’esistere. Come un sibilo di vento tra gli alberi, un taglio di luce sui tetti della città.
La ricamatrice di ombrellini
Dipinge fiori di cielo
camelie candide dai petali crespi
a proteggere l'anima
a piedi nudi sulla terra
regalità celeste di sole
giostra di colori
vortice di emozioni
spirale, acqua e luna
sorgente, luce e aria
vita, nelle mani e nel cuore
La ricamatrice di ombrellini
siede a terra. Non parla. Scrive un haiku diverso su ogni ombrellino. Così lo
rende unico. Ogni haiku, un'emozione, uno stato d'animo, un ombrellino. Suo e
basta. Vivere ricamando haiku sugli ombrelli può apparire stravagante. Ma ciò
la rende felice. La sua essenza. Su un ombrellino ha descritto l'immagine da un
sogno: "Cielo di foglie d'oro. / A raggiare l'aria tersa/ del nostro
amore"
Ma prima di vivere l’oro del
cielo ha attraversato deserti di silenzio. E di dolore. Poco alla volta, ha
preso nelle mani silenzio e dolore e ha iniziato a dipanarli. Come una matassa
sull’arcolaio. E ha iniziato a trovare se stessa.
Amami
Ho graffiato con le unghie
i muri della mia esistenza
stritolata in un ascensore
Non so a quale piano ti troverò
per riprendere fiato
Sono stanca di perdermi
nelle strade vuote,
tra i randagi che frugano al buio
negli avanzi di qualcun altro
ho voglia di sentire
il profumo del mare
l'urlo del gabbiano
le voci dei pescatori
Il sole in faccia
e le tue mani addosso.
Nuvole
Nuvole basse su di noi
passi pesanti di vagabondi
con la mano tesa
Ti imploro di amarmi
con la forza di una tempesta
a travolgere ogni mia certezza
Perde senso il giorno
solo ombre, di morte.
Amami. Di notte, contro il muro.
Di giorno, tra i marosi che infrangono il nostro ieri. Amami. Come la risacca
impetuosa del mare. Il tuo cuore è muto, nelle parole. Solo i nostri silenzi
ansimanti. I nostri letti sfatti. I nostri abbracci scroscianti. Come la
pioggia. Come le lacrime. Brucio dentro. Taccio. E brucio. Non mi lasciare.
Ogni abbandono è eterno. Come ogni abbraccio. Ti porto nei miei sogni. Nei miei
mattini di sole e di luce. E nelle mie notti angoscianti. E vibranti. E
infinite. In alto e in basso, come le maree. E mi sento una conchiglia nelle
tue mani, quando i flutti mi travolgono. Ma anche uno scoglio imperturbabile.
Quando decido di resistere. Per poi soccombere. E arrendermi alle tue mani. Ai
tuoi fianchi. A tuoi respiri. Al tuo essere. Alle tue parole, schegge di vetro.
Al mio silenzio, morsa d'argento.
Ansia
Mi opprime il petto
macigno sul cuore
affonda nel respiro
pesano le tue parole
nella solitudine
del mio dolore
I nostri corpi parlano. Si
cercano. Un’energia incontenibile. Prorompe dalla mia essenza. A invadere lo
spazio. A fermare il tempo. Le increspature della mia anima si sollevano sempre
più. E poi sprofondano. Mi sento sola. Sola, nel vortice. Nonostante la tua
presenza. Malgrado la mia assenza. Manco a me stessa. O forse sono troppo
presente. Forse sento con tutto il mio essere. Fino ad annullarmi. Se potessi
dipingere il nostro cielo, sarebbe burrasca. Quando l’orizzonte del mare affoga
in mezzo alle nubi tumultuose. L’ansia mi toglie il respiro. Non possono essere
i nostri cuori. Increspati dai vortici di vento. Era una danza. Ora sembra un
requiem di morte. A-more. Non morte. Ma se non c’è amore, ti trova la morte.
Groviglio di parole
Disegnata nello specchio
della tua vita
fino a confondere
il riflesso spontaneo
sibilato dalla solitudine
che cerco
in un deserto
che non mi appartiene.
Immagine sfocata
avvolta nella nebbia.
Scivolano le emozioni,
sbadate e confuse,
fuori dal mio non essere.
Verità
Via lontano
Custode di chiavi rugginose
Va dai ponti
Fosse di ombre sbiadite
...inganni, negli specchi
Il silenzio. Il mio rifugio.
Talvolta le parole sono pericolose. Ti espongono. Se senti di "non
essere". Viene meno la spontaneità. La critica è nelle orecchie di chi
ascolta. Terribile. Dentro hai l'inferno. Non riesci a mettere ordine alle
emozioni. O le parole in fila. Uscirebbe il caos. Se tu non avessi scelto il
silenzio. Se io non avessi scelto il silenzio. Il mio rifugio. La mia isola di
sicurezza. Qualcuno che parli al mio posto, lo trovo sempre. Persino qualcuno
che pensi al mio posto. I miei pensieri non valgono nulla. Le mie parole,
ancora meno. Un giorno sono più zitta che mai. E un vortice di parole violente
mi aggredisce, nel mio rifugio. Non è poi così sicuro, come credevo. Mi manca
il respiro. E sia, parlo. Se non ho altra scelta. E non ho altra scelta. Ma
parlo con la testa. Per convenienza. Dico cose che non sento. Che non mi
appartengono. Sprofondo sempre più nel mio non essere. I miei pensieri fanno
rumore. Ma restano sospesi.
Specchio di ghiaccio
Specchio di ghiaccio
riflette il silenzio
di un istante
che dura da mille stagioni
La mia anima
a disagio
è graffiata
e non respira più
Si è fatta così pesante
e lenta da trascinare
Non ho voglia di esistere
Ti guardo
e tu abbassi gli occhi
nella solitaria disperazione.
A sinistra, un minuscolo lago. A
cercare un riflesso d'argento. Vedo soltanto ghiaccio. Ghiaccio sulla
superficie. Ghiaccio tutt'intorno. Immobile. Muto. Come sono io. Silenzio
assoluto. Silenzio di morte. Lo sguardo che attraverso è altrettanto disperato.
Un padre ha appena perduto suo figlio. Ma ancora non lo sa. La sua mente non lo
sa. Il cuore, invece, glielo sta sussurrando. La disperazione di perdere
l'amore più grande. La disperazione di non trovarsi. Di non risalire
dall'abisso del non essere. Chi ha le parole, ti spinge ancora più sotto. Se
non parli, sei idiota. E qualcuno, per non sbagliarsi, continua a parlare,
allora. Invece, le mie parole si incastrano in gola. E non trovano spazio per
sgorgare, libere. Sbarre all'anima. Una catena di ferro alla gola.
Eppure ci si salva da soli.
"Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?". La pagina più intensa
del Vangelo. E la più umana. Teresa non ce l'ha fatta. Era senza parole, pure
lei. In una notte di Natale, è corsa al fiume, greve di dolore, farfalla
impazzita. Ha urlato tutte le parole che non ha mai pronunciato. E si è buttata
dentro. Affogata nei gorghi delle sue emozioni. Rimaste per sempre annodate al
suo cuore. Non riusciva a guardarsi. Era troppo tardi. Non è riuscita a
salvarsi. O forse si è salvata in eterno.
La possibilità di salvarsi è
legata a un filo. Da cercare dentro se stessi. Il filo della propria voce. Un
sussurro appena percettibile. Poi, un grido di rabbia. Vorrei imparare a
tessere il filo della voce. La giusta modulazione. Il giusto equilibrio.
Ricamare le emozioni sugli ombrellini è meraviglioso. A disposizione, il tempo
per pensare. Per lasciar parlare il cuore. L'anima. Nessuna spiegazione.
Nessuna giustificazione. I miei ombrellini li trova solo chi desidera.
Talità kum
Fanciulla, io ti dico
alzati
da quel torpore
della tua vita
abbi il coraggio
di traversare il fiume dei pensieri
sarà la tua salvezza
Accendi la fiaccola
che illumina il cammino
verso l'infinito
prendi la mia mano
abbi il coraggio dell'invisibile
sarà la tua risposta.
Sarebbe bastato attraversarlo, il
fiume. Immergersi. E passare oltre. L’impeto annienta. E distrugge. Tanti
volti, una sola persona. Maschere. A occhi chiusi. Una voce ti riporta
all’essenza. Le piccole paure. Inutili. Anche se l’abisso si dischiude avanti.
E cammino. Lungo il perimetro dei
miei pensieri. Uno spazio protetto. E la dimensione del sogno. Se una realtà
non piace, si può sognarne una diversa. Immaginarla. Fino al punto di
confondere sogno e vita. In fondo è un modo per restare vivi. Almeno fino a
quando la realtà non ti chiama. Terremoto nell’anima. E capire che per
ritrovare la normalità, occorre superare l’anormalità. Di essersi persi. Di
faticare a raggiungersi. A volte pensi di riuscirci, poi qualcosa ti sospinge
lontano. E devi ricominciare. A volte pensi invece che non ci siano vie
d’uscita. Si soffre troppo a stare al mondo. Per quanto ti racconti che la vita
è un miracolo. Ma il mondo non è puro. Siamo luce, ma anche sterco. E vorresti
che l’amore fosse soltanto luce. E, invece, come ogni espressione del creato, è
un’alchimia di opposti. Un po’ luce, un po’ gioia, poi tradimento, poi
incomprensione.
Un sogno
Terra bruciata sotto di noi
Sopra, un soffitto pallido
disegna i limiti della libertà
Un soffio tra i tuoi capelli
nella veglia tacita e indolente
Cerco una chiave che schiuda
lo scrigno delle mie parole
Il lessico dei miei pensieri
Tendi la mano al mio volto
e vibro di nostalgia
Persa nei tuoi occhi infiniti
La tua anima accarezza il mio cuore
Quando il sangue ricomincia a
fluire, compare un dolore. Forte. Il dolore di sentire. Di nuovo. L’acqua.
Attutisce il male. Le parole sono sospese. Poi puoi piangere, in tutta
quell’acqua. Bracciate rabbiose. Non si può continuare così. Le parole devono
sgorgare libere. La mia unica possibilità di incontrarmi. E mi incontro. Nel
nostro spazio. Ascolto i miei silenzi. E tu li accarezzi. Come i miei capelli.
E io soffio nei tuoi. Soffio le mie parole. E tu le raccogli nelle mani, una a
una. E poco alla volta incontro una donna che mi somiglia. Sempre più. E un
uomo che mi somiglia. Sempre più.
Infinito
Mi sento mare e luna:
universo molle d’emozioni.
Per amarti ogni giorno.
Voglio amarti ogni giorno. Amarti
per sempre è utopia. Promessa da adolescenti. Sempre è in questo medesimo
istante. Ogni giorno è adesso. Ogni giorno è per sempre.
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