domenica 22 ottobre 2017

La ricamatrice di ombrellini

di Valeria Giovannini
(con un commento di Angelo Perrone)

(ap) Tre versi, un haiku, su ciascun ombrellino. Seguendo la tecnica poetica giapponese nata nel XVII secolo. Una mano leggera e sapiente li scrive lentamente. È la ricamatrice di ombrellini. Il suo occhio attento osserva il mondo. Non ha bisogno di parole superflue ed inutili per guardarsi intorno e descrivere l’essenza di un accadimento. Una semplicità di parole che cristallizza i particolari irrinunciabili del presente con rapidità e concisione, squarci di rara intensità emotiva.

La stessa mano accompagna le brevi poesie riportate sugli ombrellini con i suoi pensieri di vita. Un arduo cammino e infinite resistenze si celano dietro la semplicità del passaggio da un ricamo all’altro. La vita di una farfalla ha incontrato veti improvvisi sul filo del tempo. Quelli del mutismo e della solitudine, difficile incontrare l’amore. Arriva finalmente l’ultimo raggio, ricco di suggestioni. Il sentimento travagliato e poi avvolgente. Il pozzo dell’amore al termine del lungo cammino. Il nord nella bussola del senso dell’esistere. Come un sibilo di vento tra gli alberi, un taglio di luce sui tetti della città.

La ricamatrice di ombrellini

Dipinge fiori di cielo
camelie candide dai petali crespi
a proteggere l'anima
a piedi nudi sulla terra
regalità celeste di sole
giostra di colori
vortice di emozioni
spirale, acqua e luna
sorgente, luce e aria
vita, nelle mani e nel cuore

La ricamatrice di ombrellini siede a terra. Non parla. Scrive un haiku diverso su ogni ombrellino. Così lo rende unico. Ogni haiku, un'emozione, uno stato d'animo, un ombrellino. Suo e basta. Vivere ricamando haiku sugli ombrelli può apparire stravagante. Ma ciò la rende felice. La sua essenza. Su un ombrellino ha descritto l'immagine da un sogno: "Cielo di foglie d'oro. / A raggiare l'aria tersa/ del nostro amore"
Ma prima di vivere l’oro del cielo ha attraversato deserti di silenzio. E di dolore. Poco alla volta, ha preso nelle mani silenzio e dolore e ha iniziato a dipanarli. Come una matassa sull’arcolaio. E ha iniziato a trovare se stessa.

Amami

Ho graffiato con le unghie
i muri della mia esistenza
stritolata in un ascensore
Non so a quale piano ti troverò
per riprendere fiato
Sono stanca di perdermi
nelle strade vuote,
tra i randagi che frugano al buio
negli avanzi di qualcun altro
ho voglia di sentire
il profumo del mare
l'urlo del gabbiano
le voci dei pescatori
Il sole in faccia
e le tue mani addosso.

Nuvole

Nuvole basse su di noi
passi pesanti di vagabondi
con la mano tesa
Ti imploro di amarmi
con la forza di una tempesta
a travolgere ogni mia certezza
Perde senso il giorno
solo ombre, di morte.

Amami. Di notte, contro il muro. Di giorno, tra i marosi che infrangono il nostro ieri. Amami. Come la risacca impetuosa del mare. Il tuo cuore è muto, nelle parole. Solo i nostri silenzi ansimanti. I nostri letti sfatti. I nostri abbracci scroscianti. Come la pioggia. Come le lacrime. Brucio dentro. Taccio. E brucio. Non mi lasciare. Ogni abbandono è eterno. Come ogni abbraccio. Ti porto nei miei sogni. Nei miei mattini di sole e di luce. E nelle mie notti angoscianti. E vibranti. E infinite. In alto e in basso, come le maree. E mi sento una conchiglia nelle tue mani, quando i flutti mi travolgono. Ma anche uno scoglio imperturbabile. Quando decido di resistere. Per poi soccombere. E arrendermi alle tue mani. Ai tuoi fianchi. A tuoi respiri. Al tuo essere. Alle tue parole, schegge di vetro. Al mio silenzio, morsa d'argento.

Ansia

Mi opprime il petto
macigno sul cuore
affonda nel respiro
pesano le tue parole
nella solitudine
del mio dolore

I nostri corpi parlano. Si cercano. Un’energia incontenibile. Prorompe dalla mia essenza. A invadere lo spazio. A fermare il tempo. Le increspature della mia anima si sollevano sempre più. E poi sprofondano. Mi sento sola. Sola, nel vortice. Nonostante la tua presenza. Malgrado la mia assenza. Manco a me stessa. O forse sono troppo presente. Forse sento con tutto il mio essere. Fino ad annullarmi. Se potessi dipingere il nostro cielo, sarebbe burrasca. Quando l’orizzonte del mare affoga in mezzo alle nubi tumultuose. L’ansia mi toglie il respiro. Non possono essere i nostri cuori. Increspati dai vortici di vento. Era una danza. Ora sembra un requiem di morte. A-more. Non morte. Ma se non c’è amore, ti trova la morte.

Groviglio di parole

Disegnata nello specchio
della tua vita
fino a confondere
il riflesso spontaneo
sibilato dalla solitudine
che cerco
in un deserto
che non mi appartiene.
Immagine sfocata
avvolta nella nebbia.
Scivolano le emozioni,
sbadate e confuse,
fuori dal mio non essere.

Verità

Via lontano
Custode di chiavi rugginose
Va dai ponti
Fosse di ombre sbiadite
...inganni, negli specchi

Il silenzio. Il mio rifugio. Talvolta le parole sono pericolose. Ti espongono. Se senti di "non essere". Viene meno la spontaneità. La critica è nelle orecchie di chi ascolta. Terribile. Dentro hai l'inferno. Non riesci a mettere ordine alle emozioni. O le parole in fila. Uscirebbe il caos. Se tu non avessi scelto il silenzio. Se io non avessi scelto il silenzio. Il mio rifugio. La mia isola di sicurezza. Qualcuno che parli al mio posto, lo trovo sempre. Persino qualcuno che pensi al mio posto. I miei pensieri non valgono nulla. Le mie parole, ancora meno. Un giorno sono più zitta che mai. E un vortice di parole violente mi aggredisce, nel mio rifugio. Non è poi così sicuro, come credevo. Mi manca il respiro. E sia, parlo. Se non ho altra scelta. E non ho altra scelta. Ma parlo con la testa. Per convenienza. Dico cose che non sento. Che non mi appartengono. Sprofondo sempre più nel mio non essere. I miei pensieri fanno rumore. Ma restano sospesi.

Specchio di ghiaccio

Specchio di ghiaccio
riflette il silenzio
di un istante
che dura da mille stagioni
La mia anima
a disagio
è graffiata
e non respira più
Si è fatta così pesante
e lenta da trascinare
Non ho voglia di esistere
Ti guardo
e tu abbassi gli occhi
nella solitaria disperazione.

A sinistra, un minuscolo lago. A cercare un riflesso d'argento. Vedo soltanto ghiaccio. Ghiaccio sulla superficie. Ghiaccio tutt'intorno. Immobile. Muto. Come sono io. Silenzio assoluto. Silenzio di morte. Lo sguardo che attraverso è altrettanto disperato. Un padre ha appena perduto suo figlio. Ma ancora non lo sa. La sua mente non lo sa. Il cuore, invece, glielo sta sussurrando. La disperazione di perdere l'amore più grande. La disperazione di non trovarsi. Di non risalire dall'abisso del non essere. Chi ha le parole, ti spinge ancora più sotto. Se non parli, sei idiota. E qualcuno, per non sbagliarsi, continua a parlare, allora. Invece, le mie parole si incastrano in gola. E non trovano spazio per sgorgare, libere. Sbarre all'anima. Una catena di ferro alla gola.
Eppure ci si salva da soli. "Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?". La pagina più intensa del Vangelo. E la più umana. Teresa non ce l'ha fatta. Era senza parole, pure lei. In una notte di Natale, è corsa al fiume, greve di dolore, farfalla impazzita. Ha urlato tutte le parole che non ha mai pronunciato. E si è buttata dentro. Affogata nei gorghi delle sue emozioni. Rimaste per sempre annodate al suo cuore. Non riusciva a guardarsi. Era troppo tardi. Non è riuscita a salvarsi. O forse si è salvata in eterno.
La possibilità di salvarsi è legata a un filo. Da cercare dentro se stessi. Il filo della propria voce. Un sussurro appena percettibile. Poi, un grido di rabbia. Vorrei imparare a tessere il filo della voce. La giusta modulazione. Il giusto equilibrio. Ricamare le emozioni sugli ombrellini è meraviglioso. A disposizione, il tempo per pensare. Per lasciar parlare il cuore. L'anima. Nessuna spiegazione. Nessuna giustificazione. I miei ombrellini li trova solo chi desidera.

Talità kum

Fanciulla, io ti dico
alzati
da quel torpore
della tua vita
abbi il coraggio
di traversare il fiume dei pensieri
sarà la tua salvezza
Accendi la fiaccola
che illumina il cammino
verso l'infinito
prendi la mia mano
abbi il coraggio dell'invisibile
sarà la tua risposta.

Sarebbe bastato attraversarlo, il fiume. Immergersi. E passare oltre. L’impeto annienta. E distrugge. Tanti volti, una sola persona. Maschere. A occhi chiusi. Una voce ti riporta all’essenza. Le piccole paure. Inutili. Anche se l’abisso si dischiude avanti.
E cammino. Lungo il perimetro dei miei pensieri. Uno spazio protetto. E la dimensione del sogno. Se una realtà non piace, si può sognarne una diversa. Immaginarla. Fino al punto di confondere sogno e vita. In fondo è un modo per restare vivi. Almeno fino a quando la realtà non ti chiama. Terremoto nell’anima. E capire che per ritrovare la normalità, occorre superare l’anormalità. Di essersi persi. Di faticare a raggiungersi. A volte pensi di riuscirci, poi qualcosa ti sospinge lontano. E devi ricominciare. A volte pensi invece che non ci siano vie d’uscita. Si soffre troppo a stare al mondo. Per quanto ti racconti che la vita è un miracolo. Ma il mondo non è puro. Siamo luce, ma anche sterco. E vorresti che l’amore fosse soltanto luce. E, invece, come ogni espressione del creato, è un’alchimia di opposti. Un po’ luce, un po’ gioia, poi tradimento, poi incomprensione.

Un sogno

Terra bruciata sotto di noi
Sopra, un soffitto pallido
disegna i limiti della libertà
Un soffio tra i tuoi capelli
nella veglia tacita e indolente
Cerco una chiave che schiuda
lo scrigno delle mie parole
Il lessico dei miei pensieri
Tendi la mano al mio volto
e vibro di nostalgia
Persa nei tuoi occhi infiniti
La tua anima accarezza il mio cuore

Quando il sangue ricomincia a fluire, compare un dolore. Forte. Il dolore di sentire. Di nuovo. L’acqua. Attutisce il male. Le parole sono sospese. Poi puoi piangere, in tutta quell’acqua. Bracciate rabbiose. Non si può continuare così. Le parole devono sgorgare libere. La mia unica possibilità di incontrarmi. E mi incontro. Nel nostro spazio. Ascolto i miei silenzi. E tu li accarezzi. Come i miei capelli. E io soffio nei tuoi. Soffio le mie parole. E tu le raccogli nelle mani, una a una. E poco alla volta incontro una donna che mi somiglia. Sempre più. E un uomo che mi somiglia. Sempre più.

Infinito

Mi sento mare e luna:
universo molle d’emozioni.
Per amarti ogni giorno.

Voglio amarti ogni giorno. Amarti per sempre è utopia. Promessa da adolescenti. Sempre è in questo medesimo istante. Ogni giorno è adesso. Ogni giorno è per sempre.

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