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giovedì 16 gennaio 2020

Il falegname

Racconti dedicati a figure moderne e antichissime. Suggestioni e interrogativi. Oggi, Il falegname.

di Laura Maria Di Forti
(Introduzione di Angelo Perrone)

(ap) Quali sono le professioni più visibili nell’immaginario collettivo? Stando ai media, i medici, i poliziotti, gli insegnanti. Personaggi che compiono gesti di rilievo, risolvono problemi, annullano momenti critici. In una parola, invertono il grigiore dell’esistenza.
Nella rassegna di arti e mestieri che mantengono un fascino non può mancare tuttavia la figura di altri lavoratori sociali, come gli artigiani. E per tutti, quella del falegname.
Non spiccano per fama e notorietà, ma destano comunque ammirazione, soprattutto sollecitano curiosità, ci spingono a conoscerne il lavoro, magari ci inducono a comprarne i prodotti.
I processi di industrializzazione mettono in discussione la ragione d’essere e l’utilità pratica dell’artigianato. Eppure non mancano le sorprese: qualcosa continua a giustificare l’interesse per le botteghe, le poche che resistono all’assalto delle catene di distribuzione. E dove gli artigiani residui possono continuare il loro lavoro. Che è poi quello di perpetuare, con un’energia che sa resistere al disinganno, l’eterno confronto tra la loro intelligenza e la materia che adoperano.
L’archetipo della figura del falegname, e in genere degli artigiani, è addirittura un santo, Giuseppe, patrono di questi lavoratori. Rappresentato sempre con i suoi umili e semplici attrezzi da lavoro, al bancone di legno, è il simbolo di secolari valori umani nel mondo del lavoro, che riescono a stare insieme: la manualità e l’autonomia della capacità imprenditoriale. L’uso sapiente delle mani e l’intelligenza della gestione accorta della propria operosità.
Ma, attingendo al mondo letterario, la stessa figura del falegname trova la sua rappresentazione simbolica più affascinante in mastro Geppetto, invenzione narrativa di Carlo Lorenzini, detto Collodi, raffigurato come un artigiano abile e sapiente, persino capace di compiere un miracolo: dare forma umana alla materia, sino a riuscire a modellare il piccolo Pinocchio, un burattino che racchiude nella sua vivacità le fantasie tutte dei bambini di ogni epoca.
Dalla storia alla letteratura, il mito di queste figure associa, in modo strettissimo, la manualità all’intelligenza, la sapienza dei gesti all’intuito della mente. A dispetto di tante stereotipate contrapposizioni tra la pratica e la teoria, sino al dissidio estremo tra il sapere scientifico e quello umanistico, la lezione che apprendiamo è che non c’è distanza tra l’abilità manuale e il pensiero.
Il gesto e la mente si sviluppano insieme, si sostengono reciprocamente, trovano alimento l’uno nell’altra. Le mani si infiacchiscono senza i suggerimenti del cervello e solo grazie ad esso scoprono abilità sorprendenti. La mente si impoverisce senza le azioni pratiche che proprio il pensiero sa immaginare e riesce a stimolare. In una parola, gesto e mente si confondono all’interno di quello stesso corpo che racchiude entrambi.

Sono un falegname. Uno di quelli di una volta, con un vecchio bancone dove una grande sega mi permette di tagliare le tavole di legno e costruire armadi, scaffali, librerie. La mia bottega è un po’ antiquata, lo ammetto, inondata di polvere di legno che si infila in ogni buco e che copre ogni cosa facendola dorare al sole. O almeno, è quello che voglio credere io. Alle pareti, appesi in ordine quasi maniacale, decine di pialle, tronchesi, scalpelli, punteruoli, sgorbie e morse, e su un tavolo, quasi in bella mostra, colle, solventi e lucidanti.
Certo, oggi i laboratori sono più grandi, luminosi e sono anche più puliti perché i moderni macchinari assorbono la polvere di legno senza farla disperdere. I nuovi macchinari sono anche più efficienti, e in parte sostituiscono il lavoro dell’uomo, ma io, nel mio piccolo, sono un bravo falegname, uno di quelli che ancora lavorano con passione.  E poi, dentro di me arde l’entusiasmo, la voglia e l’ardire di creare qualcosa che poi andrà nelle case della gente. Ho quasi l’impressione, talvolta, che insieme ai mobili, nelle case entri anche qualcosa di me, come se il mio spirito varcasse le soglie e rimanesse ad aleggiare per quelle stanze. Un pezzo di me, sì, la mia gioia per aver creato un mobile che altri useranno e che ogni giorno accompagnerà le loro vite.
Chiamatemi pure sentimentale, datemi del visionario e ridete alle mie spalle, fate pure. I miei lavori, fatti col cuore, con le mie mani vecchie ormai ma ancora agili e precise, sono parte di me, mi appartengono nella loro essenza anche se io volentieri li cedo per dare lustro alle stanze dove risiederanno.
Il legno è un materiale vivo, forte e caldo. Con le sue venature trasmette vigore, rammenta la vita stessa che cresce, si sviluppa e dà compimento a una pianta che germoglia, dà foglie, dona ombra e ossigeno e abbellisce con la sua grazia il paesaggio circostante.
Con il legno l’uomo ha costruito case per abitarvi, navi per solcare i mari, ponti per attraversare fiumi e dirupi, mobili per riporre le proprie cose e utensili per cucinare, botti per conservare il vino o l’olio e altri cibi.
Vien quasi da credere che il legno sia vivo, che parli quasi, e d’altronde io lo sento parlare e lo ascolto. Mi racconta di quando era ancora albero, della sua lunga vita nei boschi, del sole che lo ha coperto di luce, dell’acqua che lo ha nutrito e del vento che lo ha solleticato con le sue folate, scompigliandogli la chioma lussureggiante. Rami e foglie, dapprima verdi, di un verde tenero, chiaro e luminoso, poi farsi gialle e pian piano seccarsi al gelo invernale, in un ciclo perenne che sempre si rinnova e mai si conclude.
Il legno, quando viene la sera e debbo chiudere la mia bottega, mi sussurra dolci parole di commiato, mi sollecita a lasciarlo riposare nella quiete della notte con la certezza che l’indomani ancora mi vedrà al lavoro, entusiasta e visionario. Visionario, certo, perché quando costruisco io immagino la vita che farà la mia creazione, immagino saloni illuminati, bambini vocianti e risate, feste, allegria. I miei lavori avranno una vita meravigliosa, questo io immagino, questo io spero.
Sono un falegname, un artigiano del legno e realizzo mobili, costruisco arredi e, forse, immagino di essere un artista, di creare capolavori. Lasciatemelo credere, signori, perché artigiani come me, ormai non ce ne sono più.

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