di Laura Maria Di Forti
(Presentazione di Angelo Perrone)
(ap) Il proverbio
di oggi: “Spes
ultima dea”. Rinunciare alle risorse della ragione? Non ci rimane che sperare?
La tradizione popolare italiana
si è sempre espressa con proverbi e modi di dire, rimasti poi nella memoria
comune. Oltre le apparenze, non sono una ingenua semplificazione della realtà
con cui ci confrontiamo ogni giorno. Molto di più, uno sforzo per riflettere e
capire. E magari scovare il bandolo della matassa.
Interpretano sentimenti
diffusi, traducono in poche battute concetti complicati, tramandano una
saggezza solo apparentemente spicciola, qualche volta sono persino di aiuto per
suggerirci le mosse opportune. Ci hanno consolato, ammonito, contrariato. Ce ne
siamo serviti per affrontare momenti difficili e uscire da situazioni scabrose.
Già pubblicati: Il
mattino ha l’oro in bocca, Non
dire gatto se non ce l’hai nel sacco, Tra
i due litiganti il terzo gode, Se
son rose fioriranno, L’allegria
è di ogni male il rimedio universale
Dal paese in cima al monte,
nell’isola lambita dal mare azzurro,
uscì prima l’Abbondanza,
svelta se ne andò per non tarmare più.
Poi la Felicità e la Gioia sua sorella
da casa decisero di uscire e non farvi più ritorno.
Perfino la Giustizia prese il volo,
per non parlare della Calma che di notte furtivamente scappò.
Rimase tra le macerie di una casa abbandonata
la sola Speranza,
di seta verde avvolta,
impavida, il viso smunto,
la pelle diafana.
Non fuggì,
si ancorò, invece, ad un albero spoglio
in un giardino abbandonato
fino a quando,
complice la Fortuna, tutte le altre nuovamente tornarono.
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