di
Giovanna Vannini
Nonno Enrico quel nipote dalla testa ricciuta e la
pelle d’ebano, lo aveva incontrato la prima volta una mattina di maggio
all’aeroporto di Pisa, quando la figlia Marta appena scesa dalla scaletta
dell’aereo, glielo aveva adagiato fra le braccia. Un fagottino color cioccolato
di appena tre chili avvolto nella coperta di cotone bianca fatta all’uncinetto
da nonna Cristina, spedita apposta in anticipo in Nigeria, perché il bambino
potesse atterrare nella Toscana adottiva, con un pezzetto di famiglia già
addosso.