giovedì 17 settembre 2015

Una lettera per Nicole

racconto *
di Angelo Perrone


Scese giù per le scale e attraversò di corsa il portone ancora socchiuso del palazzo, poi prese a camminare a passo svelto: un cespuglio di capelli scuri, il tailleur giallo, lo zainetto di pelle nera sulle spalle, e in mano la borsa ingombra di carte.
Per quanto fosse ancora presto, Nicole ebbe la sensazione che non sarebbe riuscita a fronteggiare i troppi impegni che aveva fissato per quella giornata e ne fu contrariata.
Non rinunciò però al suo caffè amaro nel bar sotto casa, dove Mario era lì pronto a servirglielo senza farla attendere, quasi ci fosse soltanto lei, unica cliente, mentre il locale a quell’ora era sempre affollato di gente frettolosa.
Le piaceva anche prepararselo a casa, il caffè, nel cucinino ricavato proprio sotto i tetti della sua mansarda, magari indugiando a guardare dall'alto i palazzi della Roma umbertina dove abitava. Però, preferiva fermarsi un momento al bar, anche quando andava di fretta; e scambiare qualche parola con Mario, che l’accoglieva con un sorriso speciale. Era un piccolo rito gradevole, prima di iniziare la giornata di lavoro.
Quella mattina rinunciò a prendere la sua auto, le sarebbe stato più facile muoversi con i mezzi pubblici, o magari persino a piedi, dato che, dopo gli architetti in azienda, doveva vedere certi clienti stranieri in un albergo vicino e poi spostarsi dall’altra parte della città per un pranzo di lavoro.
Si diresse verso la piazzetta a pochi metri da casa dove sostavano i taxi, ne prese uno che sopraggiungeva in quel momento e che, per il timore di perderlo, costrinse a fermarsi di colpo.
Indicò d’un fiato la destinazione, poi tirò un sospiro di sollievo, si tolse dalle spalle lo zainetto di pelle nera e lo appoggiò sul sedile insieme alla borsa.
Notò allora una vecchia agenda blu. Era logora e piena di carte e Nicole pensò, senza un motivo preciso, che esse fossero inserite a casaccio non tenendo conto dei giorni e delle scadenze.
Si guardò intorno istintivamente, come per cercarne il proprietario, ma nessuno era sceso dall’auto prima che lei vi salisse e la macchina era ormai già lontana dal punto di partenza.
A Nicole era bastato distogliere appena lo sguardo dall’agenda, intravedere i palazzi che scivolavano via, per reimmergersi nei problemi della giornata quando una manovra improvvisa scosse la macchina e lei fu costretta, per non perdere l’equilibrio, ad appoggiarsi con una mano sul sedile.
Toccò involontariamente quell’agenda da cui, per il sobbalzo, era uscita parzialmente una cartolina e notò il nome del destinatario: “Paco Rodriguez”. La cartolina era scritta fittamente, con una calligrafia minuta, certamente femminile, così diversa dalla sua, che era irregolare e istintiva anche se non priva di una certa armoniosità.
“Che strano”, pensò subito Nicole, fermandosi a riflettere su quel nome, Paco, che non aveva mai sentito, e sulla calligrafia della donna che gli scriveva, così precisa ed intensa.
Dopo essersi guardata intorno, Nicole scostò la cartolina un altro po’ fuori dall’agenda, con un gesto che voleva sembrare disattento e casuale e che fu solo impacciato.
Nonostante fosse leggermente miope, si ostinava a non portare gli occhiali e le riuscì impossibile decifrare la calligrafia troppo piccola, né poteva avvicinare a sé la cartolina con il rischio che il tassista la sorprendesse a curiosare.
Riuscì tuttavia a leggere l’indirizzo: la strada dove abitava Paco non era lontana dalla sua casa e la conosceva bene perché vi si recava spesso durante le sue passeggiate nel quartiere. Era una via stretta, tortuosa come molte del centro storico, delimitata da case vecchie e generalmente basse, priva di traffico. Resisteva ancora qualche negozio di vecchi mestieri, come quello dove lavorava un gruppo di giovani scultori che si dedicava al restauro di opere antiche.
Nicole non riuscì a leggere nulla del testo della cartolina ma la sua attenzione fu attratta dalla frase finale, finalmente leggibile anche a distanza, scritta a stampatello, che Paco doveva aver notato subito: “Una di queste sere verrò a trovarti”. Poi seguiva la firma, che tornava ad essere minuta e incomprensibile come il resto.
“Siamo arrivati”, disse all’improvviso il tassista girandosi verso Nicole che aveva uno sguardo assorto, rivolto fuori dal finestrino, e che fu scossa da quelle parole. Allora l’uomo notò l’agenda sul sedile e non ne rimase affatto sorpreso. “Ci risiamo, Paco ha dimenticato la sua agenda”, commentò rivolgendosi a Nicole, come se entrambi pensassero alla stessa cosa, “chissà dove ha la testa quel benedetto ragazzo!”.
Nicole non rispose e, per la prima volta, guardò a lungo l'autista che rimase in silenzio, poi senza fretta pagò la corsa. Sorrise uscendo dalla macchina, e s’incamminò. 
 
* Il racconto è pubblicato nell'Antologia Autori Contemporanei, Edi-thon 2012, Edizione Penna d'autore, Torino. 
Il volume è edito da Il Club dei Cento di radio Italia Uno. Il ricavato della vendita sarà devoluto in beneficienza in favore della Fondazione Telethon per la ricerca sulle malattie genetiche.
Può essere richiesto a Giorgio Milanese, Club dei Cento, Torino:
mail: milanese.giorgio@alice.it

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