giovedì 14 febbraio 2013

Ricordo di quegli occhi sul lago





Racconto di Paolo Brondi

Che sorpresa... dopo tanto tempo… oltre questa quotidianità che pare dominata da una logica contrastiva, di snervamento e negatività di certezze e valori. 


Abbiamo lasciato scorrere il tempo donandoci ai silenzi, al lungo silenzio che pure tu non temi squarciare.


E’ vero, non c’è ragione di lamentare un distacco impossibile ai nostri ricordi. Risento la gioia del nostro ultimo incontro, nella mia villa sul lago, quando, dopo le ore calde del giorno, rimanemmo a lungo sotto il chiarore delle stelle, con la musica dei grilli in amore, la poesia delle lucciole pulsanti ed evanescenti, il festoso abbaiare di cani lontani, i tuoi occhi meravigliosi, e narranti parole ora più intense di quelle già allora donate.


In quell' incanto abbiamo ripreso a sciogliere l’enigma del dire e del fare, ripetendo una mirabile vicenda che non ha ancora fine. Come vedi, cerco di andare oltre modi consueti di esprimere sentimenti e di darti il segno di una tenerezza nuova, cerco fuggire la condanna kafkiana per cui “si appartiene soltanto alla voce che viene meno, al luogo che scompare”, tendendoti la mano, desiderando che tu la tenda a me…. E un Lui per risposta:


"Ho parlato poco, preferisco ascoltarti per preservare tonalità e cadenze della nostra vita passata, oltre lo spessore dei tanti problemi di oggi, per riportarle a quell’immagine di te come mi appariva allora, con i capelli dal vento scomposti, il visino a tratti imporporato per il freddo o, forse, per un malcelato sentire. E si andava vicini.


L’ora già tarda non ci permette di prolungare l’incontro, ma tanto è bastato, come vedi, per affrancare un mondo d'immagini e sentimenti. Credo sia importante, in tempi così dominati dal meccanicismo e dall’utile, non disperdere memorie così dolci e ricche di nuovi significati.



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