mercoledì 13 gennaio 2016

Zanone, il valore etico della politica

(ap) Se ne è andato in silenzio, dopo una malattia durata un anno; lo ricordano in molti, politici di vecchia data, uomini della prima e della seconda Repubblica, rappresentanti delle istituzioni. Soprattutto gli amici, di ieri e di oggi.
L’ultima battaglia di Valerio Zanone non ha fatto molta notizia, ma raccontava, forse meglio di tante avventure precedenti (era stato sindaco di Torino, parlamentare liberale, segretario del PLI, ministro), la sua indole, la sua passione, e quella fedeltà, così moderna ed attuale, agli ideali che ne hanno ispirato 50 anni di vita politica.
Era angustiato che la Fondazione Einaudi di Roma, centro di studi storici, di ricerche politiche, una scuola di formazione per tanti giovani, fondata da Giovanni Malagodi nel 1962, di cui era presidente, finisse, a causa delle ristrettezze economiche, sotto il controllo di Silvio Berlusconi e di Forza Italia, tradendo i suoi scopi e mutandone l’identità.
Una piccola battaglia, esempio di quella coerenza dignitosa, ispirata ad un senso rigoroso dello Stato, che ne ha animato la ricerca intellettuale, e la dedizione alla politica, in una delle fasi più difficili della storia della Repubblica, dalla crisi dei partiti di massa e delle ideologie del passato, allo sviluppo di un “progetto di alternativa riformista con iniziative di segno schiettamente liberale”, come amava ripetere.
Ormai fuori dal parlamento, ma non dalla politica, aveva  mantenuto  il suo impegno culturale e sociale nel solco della grande tradizione piemontese del pensiero liberale, da Cavour a Giolitti, da Gobetti a Einaudi appunto, continuando a partecipare anche alle più piccole iniziative, con la calma di sempre, la bonomia, i sorrisi, e un senso di spiccata ironia. Nelle quali, il richiamo alla cultura laica e democratica su cui si era formato offriva sorprendenti chiavi di lettura per l’attualità.
Aveva contribuito, di recente, al convegno dedicato al novantesimo anniversario della chiusura, da parte di Mussolini, de La rivoluzione liberale di Piero Gobetti, l’antifascista morto in Francia a seguito delle bastonate delle squadracce. Un vicenda tutt’altro che remota rispetto ai tempi moderni, di fronte alle repressioni delle libertà individuali perpetrate in tanti paesi, all’intolleranza violenta dei fondamentalismi nei confronti di ogni forma di diversità, alla pretesa così attuale di assoggettare al credo religioso le libertà e i diritti dei singoli.
Una deriva arrogante e prepotente che attraversa e insanguina il mondo. Alla quale, ne era convinto Zanone, è ancora possibile opporre non solo l’ottimismo della ragione, ma la serena fiducia, mutuata dall’insegnamento crociano, nella storia come cammino operoso delle libertà nella giustizia.
Nella sala rossa del Comune di Torino, dove è stata ricordata la sua figura, gli alpini hanno suonato le note del “silenzio”. Erano bellissime le gerbere rosse, frammiste a rose bianche, che la famiglia ha scelto per lui. “Che la terra ti sia finalmente lieve”, ha scritto Alda Merini in una sua poesia.

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