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L’importanza di ricucire i rapporti tra politica e società


(Angelo Perrone) Sono numerose le tessere del mosaico, a dimostrazione della lontananza della politica dalla società. La cornice della crisi è chiara. Pochi iscritti, forte diminuzione della partecipazione attiva, calo dei votanti specie a livello giovanile, forte volatilità elettorale, riduzione drastica del radicamento sociale. 
Ecco, allora, la trasformazione dei partiti in comitati elettorali in mano a notabili e capi corrente, oppure il regresso a movimenti che inseguono il sogno della democrazia diretta cadendo nella trappola della manipolazione del consenso e delle proposte di stampo populiste, come per il reddito di cittadinanza. O ancora, la frammentazione in gruppuscoli che vivacchiano sui personalismi dei leader e sulla loro fortuna individuale.
In conseguenza, le rappresentanze parlamentari sono composte da nominati, non da soggetti vagliati e scelti appositamente. 
Non stupisce che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbia deplorato “l’abuso della decretazione d’urgenza” nonché “il carattere frammentario, confuso e precario della normativa, tale da produrre difficoltà interpretativa e applicativa”. 
Il fenomeno ha caratterizzato anche esperienze precedenti di altro colore. C’è uno squilibrio costituzionale, quando la funzione legislativa è prevalentemente esercitata dall’organo esecutivo. Ma ciò accade perché è diffusa la sfiducia verso il parlamento, ridotto nei numeri e sminuito nel prestigio. 
Allo stesso modo non sorprende che, alle ultime elezioni regionali del 2022, sia crollata la partecipazione al voto, specie da parte dei più giovani. Il silenzio di tanti affievolisce la voce della democrazia, la rende precaria ed effimera. 
Persino l’elezione di Elly Schlein a segretario del Pd può essere osservata in chiave di partecipazione politica. L’evento introduce novità nel panorama sclerotizzato della vita pubblica, in particolare a sinistra. Un ennesimo fuoco di paglia?
Il dilemma è se il maggiore dosaggio di coraggio e personalità che purtroppo occorre alle donne per affermarsi possa migliorare il funzionamento e della politica. Con la nuova segreteria, la sinistra potrebbe essere persino un cantiere di novità, utile a tutti, alla politica in genere.
Tutto è cambiato da quando è entrata in crisi la categoria novecentesca di “classe sociale” su cui ha poggiato il confronto politico. È venuto meno l’ancoraggio tra la gente e la sua rappresentanza, ma soprattutto è andato smarrito il metodo per affrontare i problemi in modo utile a tutti. E forse le due cose sono legate tra loro. La mancanza di ampie basi di riferimento ha tolto respiro al confronto di idee e propositi, immiserendo il dibattito. Si è progressivamente abbandonata l’idea faticosa della mediazione, come strumento di risoluzione dei problemi.
Quello che è accaduto è che, al posto delle classi sociali e delle categorie della politica, sono subentrati gruppi, caratterizzati da interessi facilmente identificabili, cui il mondo politico (purtroppo di ogni colore) guarda per convenienza elettorale. Per esempio, i balneari, i tassisti. La società scomposta in micro-corporazioni. La strategia è il baratto: misure economiche vantaggiose in cambio del voto. È più facile intercettare esigenze di singoli, e accontentarli, piuttosto che affrontare realtà complesse. 
Ci sono poi esempi di categorie di diverso genere, molto più vaste e a loro modo ugualmente potenti. Pensiamo all’evasione fiscale. I cd “evasori” formano una strana categoria, indistinta nominativamente ma qualificatissima quanto al movente economico. Qui il gioco della politica è più ambiguo, non meno interessato. La cronaca mostra che è nobile scagliarsi verbalmente contro, poco conveniente fare sul serio.
Tornando ai piccoli gruppi di interesse, la rappresentanza sarebbe giustificabile se non si trasformasse in difesa corporativa di stampo conservatore, e non generasse egoismo sociale, ritorcendosi contro la collettività.
Queste esigenze, un tempo magari comprensibili, hanno perso legittimazione con i mutamenti sociali e le innovazioni tecnologiche, riducendosi a privilegi. Senza compromesso, si sono poste – in modo anche odioso – in contrasto con le ragioni degli altri, ostacolando la modernizzazione del Paese. Anche l’appiattimento sulle ragioni di fazioni ha allontanato dalla politica le persone, a cominciare dai più giovani.
La disaffezione, ovunque si annidi, a destra o sinistra, non è sempre sintomo di alienazione o di indifferenza, a volte è segnale di un vuoto. Mostra una mancanza dolorosa, spesso intollerabile. Capita che nel momento di maggiore sconforto maturi l’occasione di reagire. Può essere ancora utile uscire dalla bolla del silenzio e dal torpore dell’inerzia, per accettare la sfida con la realtà. 

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