martedì 23 maggio 2023

Recanati

Orto sul Colle dell'Infinito (Recanati)
di Marina Zinzani
(Introduzione di Angelo Perrone)

(Tratto da “Racconti di una vacanza in Italia”)

(Angelo Perrone) La ricerca di mete turistiche non convenzionali è affascinante, e riserva sorprese. Marina Zinzani prova a seguire i passi di due amici americani in giro, per la seconda volta, per l’Italia al di fuori degli itinerari più noti. 
Ci sono nuove realtà da conoscere. Un mondo là fuori è pronto a mostrare la sua essenza. In questo contesto multiforme, non dobbiamo trascurare noi stessi.
È interessante ciò che si vede, ma sorprendenti sono gli occhi con cui si guarda. Si apprende di sé qualcosa che non si sapeva di possedere, si sperimentano nuove emozioni. Questa, al termine, la conclusione emozionante. Ma potrebbe capitare di avvertirne segnali strada facendo.
C’è un tragitto da compiere. Per l’io narrante, che è uno degli amici, tante sollecitazioni. L’urgenza di prendere i primi appunti. Riemergono, di riflesso, pensieri appena letti su un gran libro come “Jean Santeuil” di Marcel Proust. 
Infine lo sguardo ritorna su di sé. Per ognuno, si sa, è diverso. Ciascuno ha la sua, di verità, da raccontare. È il momento in cui il viaggio riserva le sorprese maggiori.
Dopo Orvieto, Spello, Spoleto, Assisi, Perugia, Urbino ecco Recanati

Volevo venire a Recanati perché anni fa un amico mi fece conoscere Giacomo Leopardi. Volevo vedere i luoghi in cui era vissuto. Le sue poesie mi avevano toccato, e anche i suoi pensieri. Due mondi lontani, Recanati e gli Stati Uniti, ma l’opera di questo poeta ha attraversato l’oceano ed è arrivata fino a noi, lasciandomi incantato. 
Anche Alfred era molto curioso di vedere questa città, di fare questo tour nei luoghi della sua vita, e questo viaggio non ci ha deluso. Recanati è una città impregnata dalla figura del poeta. Una sua statua, in cui è raffigurato un Leopardi pensoso, è al centro di una piazza. 
Abbiamo camminato lungo i luoghi richiamati nelle sue poesie, nella piccola piazza del Sabato del Villaggio, davanti alla casa di Silvia, sul colle che gli ispirò “L’infinito”, nel magnifico chiostro di Sant’Agostino, dal cui cortile si può vedere la torre del “Passero solitario”. 
Siamo entrati nel suo palazzo, di cui si può visitare la sterminata biblioteca. Da qui, immerso nei suoi studi, sulle sue “sudate carte”, poteva vedere Silvia, che in realtà era Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi. 
Abbiamo visitato anche il museo civico di Villa Colloredo Mes, in cui sono conservate opere di Lorenzo Lotto, fra cui l’”Annunciazione”. Lotto è un grande maestro del Rinascimento che ha lasciato la sua impronta anche qui, con i suoi tratti delicati e gentili.
A pranzo siamo andati in un ristorante tipico, e dopo un assaggio di olive all’ascolana abbiamo mangiato una porzione di vincisgrassi, delle lasagne deliziose e molto saporite. Ottimo anche il dolce, dei cavallucci marchigiani.

Da Proust: “Perché il volto dei luoghi muta meno velocemente di quello degli uomini, e quello delle onde non muterà mai, delle onde che paiono dirci “era ieri” e che ci invitano come allora a cominciare la vita vera. Ma molto tempo è già passato. Per coloro che hanno l’eternità non è nulla, ma per noi è troppo tardi, siamo già vecchi.”

Riflessioni: sono difficili da fare ora, perché non è semplice riordinare le immagini, le sensazioni provate qui a Recanati. Bellezza del luogo, certo, con una veduta mozzafiato dall’alto. Bellezza artistica, un altro protagonista del Rinascimento che mi ha riempito l’occhio della sua grazia, Lorenzo Lotto. Bellezza delle tracce che abbiamo trovato, frammenti di sottofondo alle poesie di Leopardi, la sua biblioteca, la torre, il colle dell’infinito, la casa di Silvia. Nell’aria, un senso di pace, di intenso. Forse lo avverte chi ha amato molto le sue poesie, letto i suoi pensieri. 
È come camminare sul terreno, metafisico, in cui ha camminato e pensato Leopardi. La sua disperata ricerca di felicità e una natura che non l’ha favorito. Quella Natura crudele che ha portato via Silvia nel fiore degli anni. Ma nei suoi scritti non c’è solo la constatazione della precarietà umana, il chiedersi il significato della vita dell’uomo, il pessimismo, immediato da comprendere ma troppo riduttivo per la sua opera, c’è tanto altro. La soavità della parola. 
Quella siepe, barriera, oltre la quale c’è l’infinito. Il naufragare che diventa parola incantata, di altro mondo, forse un mondo dove c’è lievità, amore. Quell’amore di cui Leopardi scriveva l’assoluta necessità, amore e bellezza in grado di colmare il vuoto, quel vuoto che nessun bene materiale potrà mai colmare.

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