lunedì 15 maggio 2023

Perugia

di Marina Zinzani
(Introduzione di Angelo Perrone)

(Tratto da “Racconti di una vacanza in Italia”)

(Angelo Perrone) La ricerca di mete turistiche non convenzionali è affascinante, e riserva sorprese. Marina Zinzani prova a seguire i passi di due amici americani in giro, per la seconda volta, per l’Italia al di fuori degli itinerari più noti. 
Ci sono nuove realtà da conoscere. Un mondo là fuori è pronto a mostrare la sua essenza. In questo contesto multiforme, non dobbiamo trascurare noi stessi.
È interessante ciò che si vede, ma sorprendenti sono gli occhi con cui si guarda. Si apprende di sé qualcosa che non si sapeva di possedere, si sperimentano nuove emozioni. Questa, al termine, la conclusione emozionante. Ma potrebbe capitare di avvertirne segnali strada facendo.
C’è un tragitto da compiere. Per l’io narrante, che è uno degli amici, tante sollecitazioni. L’urgenza di prendere i primi appunti. Riemergono, di riflesso, pensieri appena letti su un gran libro come “Jean Santeuil” di Marcel Proust. 
Infine lo sguardo ritorna su di sé. Per ognuno, si sa, è diverso. Ciascuno ha la sua, di verità, da raccontare. È il momento in cui il viaggio riserva le sorprese maggiori.
Dopo Orvieto, Spello, Spoleto, Assisi, ecco Perugia

Perugia dà l’idea di una città vivace, ci sono due università, di cui una per stranieri, ed ha anche un grande patrimonio artistico. Abbiamo visitato la Galleria Nazionale dell’Umbria, e siamo stati deliziati con opere del Beato Angelico, del Pinturicchio e di tanti altri artisti. Ore di confortante bellezza.
Abbiamo camminato lungo le stradine, la vita qui mescola il passato, con le sue chiese, i suoi angoli, i suoi palazzi, la sensazione di essere in un borgo antico, in cui la storia ha lasciato tracce meravigliose, al presente, ad una vita moderna in cui si incontrano tanti giovani di diverse nazionalità.
Ad un certo punto siamo arrivati alla Cappella di San Severo, c’era un’opera che mi interessava, “Trinità e santi benedettini e camaldolesi”. La parte superiore è di Raffaello, che non poté ultimare tutta l’opera perché chiamato a Roma dal papa Giulo II, la parte inferiore fu così terminata dal Perugino.
Sono rimasto qualche minuto in religioso silenzio davanti all’opera di Raffaello, silenzio condiviso anche da Alfred. Si entra sempre in un certo stato quando si incontra la mano di Raffaello. È qualcosa di così lieve, delicato, un’espressione di grazia e lievità che si assiste ad un piccolo miracolo, si entra in un mondo più gentile per qualche attimo, dimenticandosi chi siamo.
Ho visto altre opere di Raffaello, e ogni volta mi stupisco di questo effetto lenitivo. Le sue Madonne racchiudono dei visi angelici in cui si possono leggere i sentimenti umani, la tenerezza per un figlio, la dolcezza infinita di una madre, una grazia femminile che pochi hanno saputo rappresentare nell’arte, forse nessuno come Raffaello. Queste sensazioni che trapelano guardando un suo quadro sono poi accompagnate dal piacere del perdersi nei particolari, in una stoffa, in un intreccio di capelli, nella soavità di un volto.
Ci siamo fermati in un locale tipico, abbiamo mangiato gnocchi con il sugo d’oca. Davvero squisiti. Erano con un sugo di aglio e pomodoro, con pezzi di oca e pecorino. Per dolce il cameriere ci ha consigliato il Torcolo di San Costanzo, una ciambella con semi di anice, uvetta e pinoli. E alla fine ci ha omaggiato di una pralina al cioccolato, tanto famoso qui a Perugia. Non si poteva chiedere di più.

Da Proust: “Così Jean assaporava lentamente le tenere guance di sua madre; poi sulla sua fronte febbrile essa posava un bacio fresco come una benda umida, che attraverso la pelle ardente e sottile, insinuandosi tra la sua frangia bionda, recava a quella piccola anima la calma.”

Ogni volta che vedo un’opera di Raffaello ne esco piacevolmente appagato, anche se con una sottile inquietudine. Me lo chiedo ora cosa può nascondersi dietro questo filo, come fosse un filo dorato che sta rompendosi, lasciando una sottile angoscia. È l’incanto che dura pochi minuti, forse. Oppure, e questo credo di saperlo, una volta mi era venuto questo pensiero, i suoi volti femminili riportano alla dolcezza della madre, di qualsiasi madre. Di mia madre. 
Donna dolcissima che mi manca ogni giorno. Con la sua tenerezza, con le colazioni che preparava a me e a mio fratello, le frittelle del mattino, le tazze piene di latte, i biscotti che amava fare in casa. La sua famiglia era di origine italiana, alcune ricette di sua madre le conservava gelosamente, ed era una festa quando le riproponeva, perfino i suoi biscotti con il burro e la cioccolata toccavano vette altissime, facevano iniziare bene la giornata. Se ne è andata troppo presto, non è riuscita a vedere i nipoti, quello che sono diventato. 
Ho fatto una discreta carriera, ho fallito il mio matrimonio, non so se sarebbe fiera di me. Ogni tanto parlo con lei, come fosse presente. Credo di avere cercato la sua dolcezza in ogni donna, ecco cosa c’entra la fascinazione per Raffaello, la ricerca di un ideale che non c’era, non esiste, non nelle donne che ho incontrato. Non certo in mia moglie, che forse mi aveva preso il cuore per alcuni tratti che sembravano dolci, ma che con il tempo si sono perduti. O non sono mai esistiti.
Perugia mi riporta indietro troppo, mi fa quasi male. Perugia e Raffaello. Difficile rimanere insensibili a quello che riguarda l’artista, siamo da qualche parte del divino, onore al maestro che ha saputo dipingere la grazia. 

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