di Marina Zinzani
“Dio ha stabilito questa legge dicendo: se vuoi del bene, ricavalo da te stesso.” (Epitteto)
Si aspetta il bene dagli altri. Tutta la vita c’è questa ricerca, iniziata dalla nascita e continuata nei banchi di scuola, continuata negli anni.
Il bene è anche l’essere compresi, aiutati, il ricevere un appoggio, nelle cose piccole e in quelle importanti.
Delegare il proprio benessere agli altri può essere rischioso: la persona su cui confidare può non comprenderci appieno, non essere dalla nostra parte, o essere distratta in un momento in cui abbiamo bisogno di lei. Perfino un figlio può non accorgersi delle necessità di un genitore, anche della sua solitudine. E un genitore può non comprendere il mondo interiore di un figlio.
Il bene ha molte forme: a volte si traveste di silenzio, quando le parole sarebbero nocive, a volte utilizza la voce decisa per stabilire una verità, a volte il tono è più sommesso, ma può andare in profondità ed aiutare l’altro. Individuare il bene è cosa complicata, ci vogliono occhi attenti, oltre le tensioni e l’alienazione della quotidianità. C’è il bene silenzioso di chi fa volontariato, o quel gesto che può migliorare la giornata dell’altro.
Per cautela, per leggi non scritte, il bene non andrebbe delegato agli altri, non andrebbe messo il nostro benessere nelle mani di un altro. E’ una teoria basata sulla prudenza, sulla conservazione del nostro equilibrio, sulla protezione della nostra casa interiore.
Poi, nella realtà più spicciola, la nostra casa interiore è fatta di porte aperte, finestre spalancate, alla ricerca di aria pulita, con la buona fede di un’interazione necessaria, alla ricerca di rapporti umani che possono rendere la nostra vita migliore.
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