giovedì 6 marzo 2025

Storie di donne

di Marina Zinzani

Non c’è giorno in cui manchi una storia di cronaca nera legata alle donne, alle donne uccise, fatte sparire, dando vita a dei veri e propri gialli.
Ci si chiede cosa trasmettevano alla TV anni fa, quando la parola femminicidio non esisteva. Non c’erano inchieste, ricerche dello scoop, aggiornamenti dell’ultima ora.
E neanche c’erano gli opinionisti, quelli che sanno tante cose della vittima pur non avendola mai conosciuta, intuiscono il suo profilo psicologico, vanno a fondo nei suoi legami famigliari, in una sorta di curiosità collettiva, anche morbosa, operante pure sui social.
È vero, c’è il giallo che richiama l’attenzione. In giornate uguali, in una quotidianità a volte apatica, il giallo attira sempre, prende la mente, la fa risvegliare, lavorare, la fa diventare un piccolo detective. L’attenzione a queste storie garantisce poi un audience importante. 
Poi c’è la vita, oltre le telecamere. Le foto di queste donne e il loro mondo semplice, fatto di foto con figli, amici, in luoghi di vacanza. Tutto esposto, messo in evidenza, raccontato.
Chissà se queste donne volevano tanta notorietà, al di là della fine che hanno fatto. Chissà se nel momento in cui qualcuno ha scatto una foto che le ritraeva, loro pensavano che quel momento privato, intimo, avrebbe fatto il giro della TV e dei social. Chissà se volevano che quella confidenza fatta ad una persona fidata diventasse di dominio pubblico.
Il diritto di cronaca, la curiosità per sapere chi è l’assassino, il diritto alla verità: tutto giusto. Poche volte si pensa però a quel momento in cui una mano si è posata sul suo volto, sul suo collo, sul suo corpo con un’arma. Quegli istanti inaspettati, assurdi, da film dell’orrore, e la pietas.
E quell’andare dentro le loro vite, lo scavare anche in modo morboso e soprattutto rendere pubblico quello che dovrebbe riguardare solo un’inchiesta di omicidio, con tanti aspetti che dovrebbero rimanere privati, porta a far riflettere sul significato di una parola fuori moda, dimenticata: il pudore.

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