Passa ai contenuti principali

Riso speziato, una giornata all’Expo 2015

di Marina Zinzani
(con un commento di Angelo Perrone)

(ap) Expo, il lungo giorno di due amiche che conversano tra loro, si guardano intorno, girano tra gli stand, curiosando tra mille novità venute da mondi sconosciuti, rimanendone stupite ed ammirate. Il futuro lancia le sue sfide, il presente prova a rispondere superando i limiti del possibile. In qualche momento si è travolti dalla molteplicità dei richiami, dalla sovrabbondanza delle informazioni, dalla mescolanza disordinata delle proposte e degli stili di vita. E si percepisce un senso di confuso stordimento.


Forse non era la giornata giusta. Si preannunciava caldo, molto caldo. Già di prima mattina ci si poteva privare della giacca, della leggera felpa, e tutto faceva presagire che il caldo non avrebbe facilitato quello le attendeva: camminare per ore. Per ore in mezzo a padiglioni di cui era  emerso qualche dettaglio, dai giornali, dalla televisione. Perché quello era il giorno dedicato all’Expo.
Linda e Rosaria si erano date appuntamento all’entrata della metro, e quando si trovarono fu tutto un baci e abbracci. D’altronde erano mesi che non si vedevano: Rosaria abitava nella periferia di Milano e Linda era di Brescia. Da tempo avevano programmato quella giornata insieme. Per la precisione era Linda che aveva convinto Rosaria, parlandole per telefono dell’Expo, accennando di suoi amici che ci erano andati e ne erano rimasti entusiasti.
Rosaria portava al polso un bracciale tibetano, adorava le culture orientali, aveva al collo un ciondolo che rappresentava il simbolo dello yin e dello yang. Capelli raccolti in una treccia lenta, pantaloni di jeans larghi, zainetto di tela verde e rosso. Per lei i colori erano importanti, aveva detto una volta a Linda, influenzavano la mente, c’era tutto uno studio dietro…
Linda era semplice, con il suo caschetto corto nero, gli occhialini quasi rotondi, piuttosto bassa. Era di una semplicità che appariva da una pacatezza nell’animo, con una dolcezza di fondo.
Presero la metro, Linda disse che degli amici avevano parlato così bene di certi padiglioni… e il cibo… c’era solo l’imbarazzo della scelta…
Scarpe da ginnastica, zainetti in spalla, le due ragazze con un certo entusiasmo arrivarono alla fine della corsa. Certo, poco dopo si prospettava un tragitto lungo, per entrare.  Per prima cosa i controlli. Mettere tutto in un cestello, anche l’acqua, per passarla al metal detector.
“Dovreste aprire le bottigliette dell’acqua e berne un sorso”  disse l’uomo all’entrata.
“E perché?” chiese Linda.
Rosaria la guardò severa. Possibile che l’amica non avesse capito? Ci poteva essere di tutto in quelle bottigliette d’acqua, erano bravi all’entrata, ci poteva essere un attacco terroristico…
Le due si incamminarono, con il sorriso sulle labbra, guardandosi attorno spaesate. Avevano preso la cartina, e tutto appariva eccitante.
“Che facciamo, cominciamo di qua? Questo è il Decumano… “ disse Linda.
“Sì, guardiamo i padiglioni da questa parte direi, poi quando torniamo guardiamo quelli dell’altra…”


Vietnam, Sierra Leone, Bangladesh, Cambogia… Rosaria era incuriosita da quei padiglioni non tanto grandi, ma con qualcosa di caratteristico: artigianato, oggetti che ricordavano il paese, odori che richiamavano spezie. Molto molto gradevoli, fra l’altro…
“Dopo potremmo mangiare qui, devono essere cose buone…” propose Rosaria.
I padiglioni che raggruppavano alcuni Paesi con l’argomento comune del riso apparivano semplici e suggestivi. Rosaria li trovò molto interessanti, guardava il loro artigianato, alcuni monili.
Erano eccitate, tutto sembrava un bengodi…
“Guarda, Rosaria, il padiglione del cacao! Dai, entriamo…”
“Ma vedi che fila? C’è una scolaresca intera che aspetta… Magari dopo…”
“Sì… dopo ci torniamo… Ci saranno anche degli assaggi…”
E allora proseguirono, e andarono avanti, entrando nei padiglioni che avevano pochi minuti di attesa.
“C’è da fare la fila per ogni cosa, come a Disneyland…” commentò Rosaria.
“Sì, ma non è Disneyland…”
Dopo ore le gambe avevano perso un po’ di dinamismo, e il caldo cominciava a farsi sentire… Camminavano, camminavano, e tante immagini passavano davanti ai loro occhi, padiglioni che richiamavano Paesi, impressioni… Belli alcuni, davvero belli, qui concordavano… il Qatar, ad esempio, suggestivo,  una cultura affascinante espressa attraverso il cibo, l’artigianato, ma quando si entrava dentro, nel centro del padiglione,  tutto appariva moderno, troppo moderno… E l’Iran… quello sì che era bello, tante piante, affascinante…
“Sono stanca, Rosaria, fermiamoci. Mangiamo qualcosa. Hai visto prima i ristoranti delle regioni italiane, potremmo provare qualcosa lì…” propose Linda.
“Mah… io preferisco l’etnico, c’era un odorino in quel ristorante del Bangladesh…”
E così prese il sopravvento la proposta di Rosaria, e tornarono nel piccolo padiglione del Bangladesh. Riso speziato ad un prezzo basso. Carne in umido. La donna al banco, sorridente, illustrava quelli ed altri prodotti tipici.
Alla fine optarono per il riso speziato, leggermente piccante. Riso giallo, con note sconosciute, armoniose eppure decise che invasero il palato.
 “Certo che ce ne sono ancora di cose da vedere, ci vogliono giorni per visitare tutto…” disse Linda.
“E’ che tutte queste scolaresche… Sono dappertutto, in ogni stand c’è una fila a causa loro…”
“Che ci vuoi fare… anche per i ragazzi è interessante, no?”
“Dici che capiscano il senso dell’Expo?” chiese Rosaria.
“Beh, si fanno un’idea dei Paesi…”


“Certo che se ti devo dire una cosa… finora mi sembra quasi un luna-park, una fiera con degli stand… sì qualche padiglione non è male, bella l’Austria, è tutta una piccola foresta, avrà anche un significato, bello quello dell’Irlanda, dà l’idea del Paese, nulla di pretenzioso, ma quello della Russia non mi ha colpito, neanche quello degli Stati Uniti...  quello della Francia  neanche… Mi sarebbe piaciuto vedere il Giappone, ma hai sentito quanto c’era da aspettare? Quaranta minuti… Con questo caldo, poi…” disse Rosaria.
“Certo che ci sono tanti cibi tipici... quando mai capiterà di mangiare un piatto che hai solo visto sui libri…”
“Comunque non c’entra niente sfamare il pianeta. Eh no, diciamole le cose come stanno…”
La piega della conversazione, sommata al caldo sempre più sfiancante,  stava cambiando l’umore di Linda. Insomma, cosa voleva l’amica? Quando mai sarebbe capitato di vedere  tante cose, sentire tanti profumi…
“Si vuole far sentire l’idea di un popolo…” abbozzò Linda.
“Un’idea di un popolo… Tutti che mangiano, hai visto la fila… E poi alcuni padiglioni sono di un freddo… danno una sensazione di tecnologia, respingente quasi… non si sente l’anima di un popolo…, proprio no, te lo posso assicurare…”
Il tono di Rosaria appariva irritante per Linda. Era cominciata bene, la giornata. Con delle premesse buone. Un giorno interessante, dell’Expo si parlava da anni, era bello in fondo esserci, vedere, godere di quel giorno. Questo pensava Linda. E Rosaria a volte era troppo polemica.
Le gambe andavano sempre più lentamente, nelle ore che seguirono. File ancora,  con la rinuncia a vedere tanti padiglioni.  E ad un certo punto  l’uscita apparve lontana, troppo lontana…
“Certo, se avessero fatto qualche mezzo per tornare indietro… Pensa a degli anziani, devono fare tutta la strada  a piedi…” continuò polemica Rosaria.
Era da mezz’ora che parlava solo lei.  Era da ore che un crescendo sottile di insofferenza, di visione negativa dell’evento trasparivano dalle sue parole. E il caldo della giornata non aveva aiutato le cose.
“Comunque sembra un luna-park. Caro, per essere un luna-park.”


Linda la guardò, con lo sguardo seccato. Ma non disse niente.
Erano le sette di sera. Tante ore, caldo e piedi che facevano male.
“E poi è troppo grande, troppo. Per dire cosa poi?” continuava Rosaria.
Finalmente l’uscita.
“A me è sembrato bello. Sarebbe da tornarci un’altra volta, senza tutte queste file… Non abbiamo visto un sacco di cose. Può darsi che ci torno…”
Metrò. Silenzio. Poche persone. Pensieri e stanchezza. Pensieri delle due, un silenzio glaciale che era calato. Arrivano alla fermata da cui erano partite. Si salutarono freddamente.
“Certo, che stanchezza…” provò a dire Linda per rendere il commiato meno imbarazzante.
In realtà Linda non l’aveva proprio sopportata, l’amica. Le sue lamentele si sommavano al caldo, alla fatica, si erano sovrapposte ad ogni cosa. Troppo grande, troppo caro,  padiglioni con senso di freddo, padiglioni forse interessanti ma troppe code, Disneyland, l’ipocrisia del cibo come tema. No, basta. Andare a casa. Arrivare in stazione, prendere il treno.  Arrivare, farsi una doccia e sdraiarsi sul  divano con un tè caldo.
Ma sul treno, nel silenzio del vagone in cui stavano solo poco passeggeri, immagini della giornata cominciarono ad apparire nella mente di Linda. L’acqua della bottiglia che doveva bere, che cosa bizzarra,  il padiglione del riso,  il cibo che avevano mangiato a mezzogiorno, il quadro del Tintoretto che aveva visto nel padiglione del Vaticano, per il resto molto severo,  i cartoni animati degli Stati Uniti, la bevanda offerta nel padiglione della Russia. Immagini. Immagini di cui non riusciva però ad avvertire particolari emozioni. Forse troppo caldo, sì, la giornata non era stata favorevole, troppe scolaresche che sconfortavano e creavano file pazzesche, sì, qualcosa di Disneyland di Parigi  poteva ricordare questo Expo… Forse Rosaria non aveva tutti i torti… E poi che cosa rimaneva di questo? Nutrire il pianeta… Tanti stand per mangiare, dove la gente si abbuffava, per nutrire il pianeta… Era più acuta, Rosaria, forse non aveva avuto tutti i torti a criticare…
Nel suo viaggio di ritorno, sul tram semideserto, Rosaria guardava la città che passava davanti ai suoi occhi. E cominciarono ad affiorare immagini della giornata che si stava concludendo. Le file, il cacao, il riso, l’Iran, Israele, la Francia, il Vaticano, la Romania… Nomi e impressioni… Una sottile nostalgia. Forse aveva visto troppo poco, forse non aveva visto quello che c’era davvero da vedere in quel lungo giorno. Unico giorno. La malinconia la invase, ripensando al buon riso che quella donna del Bangladesh le aveva servito, con il sorriso sulle labbra.

Commenti

Post popolari in questo blog

👩‍🏫 La prima supplenza: tra pugno di ferro e cuore degli alunni

(Introduzione a Daniela Barone). C'è una foto che ritrae Daniela Barone tra i suoi primi studenti: capelli biondi, sguardo deciso e quel misto di orgoglio e apprensione che accompagna ogni esordio. Quella foto, che oggi pubblichiamo, è il fermo immagine di una battaglia vinta. In questo racconto, Daniela ci riporta indietro a una quinta classe di un Istituto Professionale per Odontotecnici, tra lanci di palline di carta e sguardi di sfida, svelando il segreto di quel mestiere difficile che non si impara sui libri: la capacità di trovare la "chiave giusta" per aprire il cuore degli alunni. Il sogno del registro e l'esordio agli Odontotecnici (Daniela Barone) ▪️ Quando ero una bambina di nove anni mi piaceva giocare a fare la maestra scribacchiando su un quadernetto a righe a mo’ di registro scolastico. Quest’attività tanto gradita faceva presagire che da grande sarei diventata un’insegnante, magari d’inglese, la mia materia preferita. Dopo il liceo fu il mio fidanzato ...

💿 Dolores O’Riordan: proteggersi da solo? Musica come cura e monito

«E’ vero ciò che la gente dice: “Dio protegge chi si aiuta da sé, a proprio modo”.  E spesso mi sono chiesta “Chi protegge coloro che non riescono a proteggersi da soli?”» Fee Fi Fo (The Cranberries) L'ombra degli abusi e il disagio di vivere (Marina Zinzani) ▪️Una storia di abusi e il fascino della musica. Dolores O’ Riordan, la cantante dei “Cranberries” ha parlato in alcune interviste del suo buco nero, iniziato quando da bambina ha subito molestie da un amico di famiglia, molestie durate anni. Forse da lì sono partiti i suoi disturbi, l’anoressia, il disturbo bipolare, la depressione, il disagio di vivere che le aveva fatto pensare al suicidio. La musica: linguaggio dell'anima e forma di cura Ha parlato anche del suo dedicarsi alla musica, allo scrivere canzoni come una cura. Musica come forma artistica che tocca linguaggi dell’anima che sono comprensibili, in una sorta di tam tam misterioso che rende la vita più interessante, più piacevole, e fa sentire una voce amica, ...

🎄 Il paese del pavimento storto: una fiaba elettorale di Natale

(Introduzione ad a.p.). In un momento di fiabe natalizie, un cittadino - perditempo - si interroga sulla natura della riforma della magistratura. Ne nasce un dialogo immaginario, che è un invito a guardare oltre la propaganda e a scoprire cosa si nasconde dietro la bandiera della "separazione delle carriere". (a.p.) ▪️  C’era una volta un’infiltrazione d’acqua... C’era una volta, in un regno non troppo lontano chiamato Italia, un popolo di cittadini laboriosi che viveva in case con i pavimenti pericolosamente inclinati e i tetti che facevano acqua da tutte le parti. Qualche buon tempone le chiamava "Cittadella della Giustizia". Sotto Natale, mentre tutti pensavano ai panettoni, si sparse la voce che il Gran Cerimoniere del Regno, il saggio Nordio, avesse finalmente trovato la soluzione. Non si trattava di riparare le travi o livellare i pavimenti (troppo faticoso, troppo tecnico!), ma di una riforma estetica chiamata "La Grande Separazione". Il popolo era ...

🥀 Vederti infine deriso, il coraggio di riconoscerti nel distacco

  (Introduzione a Maria Cristina Capitoni). C’è un istante preciso, spesso doloroso e controintuitivo, in cui amare qualcuno significa fare un passo indietro e lasciarlo solo davanti al giudizio del mondo. È il momento in cui la protezione cede il passo al riconoscimento: non sei più un’estensione delle mie ansie, ma un individuo che affronta il suo destino. Questa poesia cattura esattamente quel passaggio, definendolo come la “prima vera vittoria» dopo anni di fatica. (Maria Cristina Capitoni - POESIA) ▪️ Il momento della resa Vederti infine deriso piccolo mio e trattenere a stento  la tua difesa  quasi ti avessi spinto io  in quell’arena, La vittoria del riconoscimento fu la mia vittoria  la prima vera di una vita  dopo anni di fatica  t’ho riconosciuto La consapevolezza finale non chiedermi aiuto è stato quel che doveva adesso l’ho capito. ✒️ Post scriptum  Il testo gioca sulla tensione tra l'istinto primordiale della difesa («trattenere a sten...

⚖️ Storie e volti: Antonino Caponnetto – Il nonno del Pool

(a.p. – Introduzione). In questo spazio riscopriamo l’anima della Legge attraverso i percorsi di chi ha servito lo Stato con dedizione. Conoscere le storie e l'umanità di questi magistrati è un atto di memoria, e uno strumento essenziale per orientarsi oggi. Comprendere il valore dell'unità della giurisdizione attraverso i loro esempi è il primo passo per una scelta consapevole in vista del prossimo voto referendario. Il profilo e il percorso Simbolo della lotta alla criminalità organizzata, Antonino Caponnetto è stato il successore di Rocco Chinnici alla guida dell'Ufficio Istruzione di Palermo. Fu lui a voler riunire Falcone, Borsellino, Di Lello e Guarnotta nel Pool Antimafia, intuendo che solo una squadra unita poteva affrontare un nemico così complesso. La sua carriera è stata segnata da una profonda versatilità, avendo servito lo Stato in diverse vesti: da pretore a Prato a sostituto procuratore a Firenze, fino ai vertici della giurisdizione. Il lato umano: la mitezza...