venerdì 4 gennaio 2019

Re Magi: una storia, un cammino

Adorazione dei Magi, di Albrecht Dürer

L’arrivo dei Re Magi completa la rappresentazione del presepe, scenografia culturale che racconta il viaggio  dell’uomo alla ricerca di una luce, ovunque essa sia

(ap*) Uomini venuti da molto lontano, pellegrini nella notte ma guidati da una stella: la tradizione del Natale racconta il lungo cammino dei Re Magi verso l’umile mangiatoia per salutare l’arrivo di Gesù bambino, e portare in dono l’oro, l’incenso e la mirra.
L’arrivo dei Magi è il gran finale della rappresentazione che ogni presepe evoca nel giorno che la consuetudine pagana riserva alla venuta della befana per rallegrare i più piccoli.
Chi erano costoro e quali fossero i significati di quei regali è stato indagato per secoli nell’esegesi biblica, nella letteratura, nella saggistica di ogni tendenza. Nonostante ciò, possiamo chiederci oggi se quel singolare e affaticato cammino verso una capanna tanto semplice quanto carica di enigmi rechi qualche novità all’uomo del nostro tempo, con i suoi affanni quotidiani e le sue domande esistenziali.
Una domanda rivolta non solo a chi ha fede, ma proprio a chiunque, soprattutto il cosiddetto ateo, colui che, senza poter credere in un Dio, tuttavia si senta ugualmente pellegrino, come uno dei Magi, verso una luce che dia senso alla vita e alla morte, ovunque essa sia.
Il fascino e il mistero di quei personaggi derivano dalla brevità dei cenni con cui ne parla il Vangelo di Matteo, che li indica semplicemente come “Magi venuti dall’Oriente” che avevano “visto in cielo una stella” ed erano venuti “ad adorare il re dei Giudei”.
In realtà sappiamo che essi non erano veramente dei Re ma soltanto sacerdoti della corte di Babilonia, che studiavano il cielo per trarne presagi da comunicare alla popolazione. Una professione che deve averli resi curiosi verso i misteri dell’universo sino a quando decisero di intraprendere il viaggio verso Betlemme, stavolta sollecitati da una stella diversa dalle altre.
L’intera scenografia culturale del presepe, anche riguardo a questi personaggi, è frutto di scritture che appunto hanno reso la rievocazione della nascita di Gesù – negli aspetti che conosciamo oggi - l’elemento fondativo della comunità cristiana.
Così, i Magi erano in tre, si chiamavano Gasparre, Melchiorre e Baldassarre. Il numero, l’età, la provenienza concorrono a dare  spazio a molteplici interpretazioni simboliche. Rappresentano le tre razze umane (la semita, la giapetica e la camitica) diffuse nel mondo conosciuto e i tre continenti (Asia, Africa, Europa) in cui era diviso secondo le nozioni dell’epoca. Le loro diverse età indicano i vari periodi della vita dell’uomo, la giovinezza, la maturità e infine la vecchiaia.
Ma soprattutto sono i doni da loro portati il simbolo principale della condizione umana e del peregrinare alla ricerca di una meta. L’oro infatti era riservato ai re, l’incenso indicava il soprannaturale, la mirra riportava all’umanità. Tutti segni indicativi della complessità e forse dell’interezza del rapporto tra l’uomo e il divino.
I simboli dell’Epifania (dal cammino dei Magi ai doni consegnati al Bambino) non richiamano semplicemente un passato fonte di fede per alcuni, ma rivolgono a tutti una provocazione, pongono domande all’uomo contemporaneo.
Se l’oro evoca la regalità specie divina, essa si identifica sulla terra sempre con il potere, qualsiasi potere, giusto o illegale che sia, controllato o indiscriminato. Allora quali sono le forme moderne di potere? Quali scopi perseguono, solo per citare alcuni esempi, la politica e la finanza? Diventa irrinunciabile una riflessione sugli scopi di ciascun potere e sul rapporto con la quotidianità dei singoli e delle loro famiglie.
L’incenso non è solo il profumo che tuttora viene usato, anche in Occidente, per purificare l’aria e renderla più gradevole, oppure nella liturgia durante certe cerimonie. E’ in vero simbolo ed espressione di purezza e di autenticità. Hanno ancora un senso questi valori nella società di oggi, possono continuare a dirci qualcosa, e come intenderli? Raccontano un sogno o sono un armamentario vetusto?
La mirra, oggi sostanza del tutto sconosciuta ai più, era una resina utilizzata per imbalsamare i corpi e con la quale fu cosparso quello di Gesù. Si utilizzava anche per curare ferite. Ha dunque il significato di cura, di medicamento, persino di carità. Da cosa sentiamo maggiormente di dover essere curati ai nostri tempi? Quali malanni ci preoccupano di più, dall’insicurezza sociale alla precarietà delle nostre condizioni individuali? E dove trovare un medicamento adeguato?
I Magi che vengono da tanto lontano compiono un viaggio che è il cammino di ognuno di noi. Di chi non si arresta all’evidenza del presente, e alla mediocrità della scena che si svolge davanti a lui, ma si sente attratto ed inquietato da una misteriosa stella. Ovunque creda di vederla.
In questo, l’essere umano è davvero, come scriveva Jacques Maritain, un “mendicante del cielo”, cercatore di qualcosa che dia senso al suo esistere e che provenga da un altrove. Esprimono, i Magi portatori di doni, la ricerca del nostro cuore inquieto, e rappresentano in questo modo tutti noi in perenne esodo, cioè in cammino verso una luce che giunga dall’alto.

* Leggi anche La Voce di New York:
Il gran finale del Natale: i Re Magi, una storia, un cammino

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