martedì 7 agosto 2012

Un fax per la giustizia





intervento *
di Loretta Bertolotti






Sono un cancelliere della Procura della Repubblica di Milano e sto trasmettendo un fax. Anzi ci sto provando. 


Un’anziana signora, che ha dato fuoco al marito che dormiva, è stata riconosciuta dal consulente tecnico del Gip più adatta ad un OPG (ospedale psichiatrico giudiziario) che al carcere dove è ristretta da qualche mese. Che non fosse tanto in sé era chiaro a tutti da tempo – mi dice la sorella che aspetta un permesso per andare a farle visita a San Vittore – ma l’ospedale milanese che l’aveva in cura, per quanto volonteroso, non ha le risorse per “presidiare” il suo caso 24 ore su 24: è bastato allentare la vigilanza un attimo e il sogno della dolce vecchietta è diventato un incubo per il suo consorte.
“lo so” – sospiro dentro di me – d’altronde lavoro da anni in un dipartimento della procura che si occupa di “fasce deboli” che,  tradotto,  sono tutte quelle persone che ci vivono quotidianamente accanto in questo bolgia infernale di città tanto veloce quanto disumana: ex mogli che lottano per ricevere quanto stabilito dal  Giudice  per mantenere se stesse e i figli o maltrattate, picchiate, stuprate,  padri che lottano per continuare ad esserlo anche quando hanno smesso di essere mariti, genitori che lottano contro figli abbruttiti dalla droga, figli che lottano contro genitori abusanti o assenti, anziani che lottano per conservare un po’ di dignità o per non finire fagocitati da circonventori con la faccia amichevole (parenti, badanti, rappresentanti infedeli di istituzioni civili o religiose), bambini che lottano come perenni “cappuccetti rossi” contro perenni lupi informatici, educatori, vicini di casa, baby sitter, nuovi compagni delle madri e via allungando a dismisura una lista che diventa ogni giorno più variegata ed incredibile. Tutti contro tutti.
E poi ci sono gli “emarginati” su cui rimbalzano catene di ordinarie ingiustizie sociali che ne fanno inesorabilmente la vittima o il carnefice predestinato. Zingari, extracomunitari, portatori di handicap, “figli d’arte” della nequizia,  fiori cresciuti nel degrado che si sono immarcesciti scivolando verso la “devianza”, con automatismi perversi.
E in mezzo noi, fragile presidio di quella che si usa chiamare giustizia.

Sono anni che penso che il settore penale  si deflazionerebbe dell’80 per cento se si potenziasse in egual proporzione la Volontaria Giurisdizione (che tradotto di nuovo è quella rete di assistenti sociali, servizi, centri di recupero e di prevenzione, giudici tutelari, amministratori di sostegno e risorse) che invece è considerata la cenerentola del sistema. Ci si potrebbe dedicare con mani più libere ed efficienti a colpire e reprimere quelli che delinquono solo per sfizio personale, per bramosia, per arroganza, per spregio . Quelli che sprecano le risorse di tutti, che rendono tutti precari, che creano danni che si perpetuano nel tempo e che non pagano mai. Non interessa i dibattiti questa riflessione, né i convegni, i simposi, i talk-show e chi darebbe retta ad un Cancelliere, seppure con 30 anni di esperienza, seppure della Procura di Milano?!
La rabbia si ritrasforma in depressione e la depressione in irritazione. Il fax continua a comporre a vuoto e non riesce a trasmettere l’ordine di trasferire l’anziana signora dal carcere all’OPG. E’ il fax del DAP (il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che si trova a Roma, da cui l’organizzazione del trasferimento dipende). E’ quasi da un’ora che è occupato.
Mi determino. Chiamo. Non avete un altro fax? No – mi risponde una voce in cui riconosco il colore della mia stessa stanchezza – ne abbiamo solo uno per ricevere da tutte le Procure d’Italia e uno che uso per trasmettere. Per contenere le spese.  Ma se mi prometti che lo fai subito – si impietosisce – stacco un attimo e ti faccio entrare dal mio fax –

Ringrazio e mi precipito. Il segnale di ricezione avvenuta fa sentire meglio me e manda la vecchietta incendiaria verso quello che sembrerebbe essere un più “giusto” destino.
Contenere le spese. Il filo rosso del periodo. Sicuramente per noi che abitiamo i piani bassi della Pubblica Amministrazione, la linea di confine tra l’idea e la realtà.
Me l’ha detto il collega dell’Ufficio Economato,  quando mi ha annunciato che da qui ad ottobre avrei avuto diritto solo a 17 faldoni per raccogliere gli atti da trasmettere.  – E se me ne servono 18? – ho sbottato consapevole che in una sola ora la Procura di Milano iscrive 80 fascicoli contro persone note e un numero difficilmente precisabile contro persone ancora da identificare -  Li leghi con un bell’elastico e li trasmetti così, risponde arreso da tempo. Così come le puntine che non si chiudono, le cucitrici che non cuciono, le colle che non incollano, le penne che non scrivono. – Oppure te le compri tu-
Spero che almeno il “timbro tondo”  me lo fornisca l’Amministrazione, non fosse altro perché è un sigillo che la  rappresenta, come la filigrana nelle banconote.
Un tempo, quando ero un giovane Cancelliere, era di metallo e veniva usato con inchiostri ad olio. Ma un tempo i Cancellieri erano i notai del sistema, appartenevano all’Ordinamento giudiziario come i Magistrati e percepivano i diritti di cancelleria. In fin dei conti, il Potere giudiziario, è uno dei tre Poteri costituzionali, non solo una delle indispensabili attività con cui lo Stato, in un Paese civile e democratico, si prende amorevolmente cura dei suoi cittadini. Poi una lenta deriva ci ha portato scivolando a confluire nel magma generale della Funzione Pubblica, bersaglio sempre più indifeso, insieme agli altri settori dello Stato,  di interventi che – a colpi di decreto – ci hanno spolpato sino all’osso : nessuna carriera, nessuna assunzione, niente ore di straordinario, contratti bloccati, nessun turnover, nessuna mobilità, in pensione a 65-66-67? anni in un settimana, via il Fondo Unico di Amministrazione e ora nemmeno il “timbro tondo”?!
Un Cancelliere senza il suo sigillo è come un Re senza corona o un soldato senza fucile e il mio, di plastica e gomma giace consunto e rotto nel cassetto della scrivania. Cosa ne direbbe la Cassazione se per autenticare la conformità di un atto apponessi la scritta “qui ci sarebbe un sigillo che non ho” ?

Forse sarà perché le grida “Statale fannullone” erano diventate assordanti o forse la deviazione professionale che ci  ha reso l’occhio maligno e sospettoso, sta di fatto che qualche tempo fa – in epoca non sospetta – io e i miei colleghi ci siamo chiesti – sarà mica che vogliono fare le prove generali su di noi, ridurre lo Stato un guscio vuoto e poi dedicarsi con calma a tutti gli altri, bruciando diritti sudati nel tempo sull’altare di Moloch Crisi Economica?!
 E per trovare conforto ai nostri dubbi abbiamo fatto colletta, comprato uno spazio su un giornale e rivolto la domanda al Presidente della Repubblica.  Silenzio di tomba.
A questo penso mentre allungo la bottiglietta dell’acqua minerale a due Agenti della Polizia Penitenziaria che si stanno liquefacendo nel corridoio aspettando che il detenuto che hanno in consegna termini l’interrogatorio che rende da ore avanti al Pm. Hanno chiesto il cambio per mangiare almeno un panino ma dal “raggio” gli hanno ricordato che non c’è nessuno che li possa rilevare. D’altronde – mi dicono –mettono un po’ di benzina a turno nelle macchine di servizio.
E il giovane ispettore Inail, a cui offro di inviare via fax l’autorizzazione del PM di avere copia del rapporto di Polizia  indispensabile per risarcire un cittadino aggredito mentre si recava al lavoro, mi risponde – grazie no, vengo io a prenderlo, non si preoccupi, perché di fax ne è rimasto solo uno per il Direttore Generale. Sa, bisogna ridurre i costi –
Mi accascio e penso che in un angolino del giornale ho letto stamattina che stanno pensando – perché non tagliare ferie e tredicesima agli statali?  E penso che se sciopero ad oltranza mi iscrivono sul registro degli indagati e magari mi licenziano.  E penso che ho una Laurea in Economia Politica in Bocconi perché credevo che l’Economia potesse rendere questo mondo migliore. E penso che sono un Cancelliere perché credevo che la Giustizia potesse rendere questo mondo più giusto. Ma penso anche che sono isolata, certamente sì, ma non sola. Siamo in tanti.



* Questo articolo di Loretta Bertolotti è stato pubblicato il 17/7/12 su Il Fatto Quotidiano. Può essere letto anche sul sito curato dall'autrice: http://www.korallion.it/index.php.

Maggiori informazioni su L. Bertolotti e su Korallion alla pagina:
Interventi: Collaborando con la Rivista
http://angeloperrone.blogspot.it/p/interventi-collaborando-con-la-rivista.html




2 commenti:

  1. Pierluigi Guerriero avvocato in Roma11 agosto 2012 alle ore 18:09

    Ho letto l'articolo con attenzione e toccante consapevolezza.
    Scorgo a volte negli occhi di alcuni operatori della giustizia la stessa amarezza, il medesimo sconforto. Lo stesso, talvolta, provo anch'io. Ammiro coloro che perseverano senza abbandonarsi a facili quanto inutili ostilità. Aborro il pensiero di ritrovarmi anziano, capace solo di lamentare la mala gestio della cosa pubblica. Per questo, senza mai negare un sorriso o una parola cortese, lotto con forza e determinazione in tutti i casi in cui possa asservire la mia pur poca capacità al bene comune. Alla gentile Cancelliera dico: avanti tutta! la sua determinazione, mossa dalle convinzioni profonde che l'hanno evidentemente sempre motivata, ha fatto del bene, anche in questo caso.

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