giovedì 1 agosto 2013

Afterhours, un festival per la cultura






(ap) “Hai paura del buio?” Il titolo del più famoso brano, anno 1997, del gruppo rock italiano Afterhours diventa addirittura “manifesto per la cultura” e dà origine ad un festival itinerante che, tra agosto, settembre e ottobre di quest’anno, a Torino, Roma e Milano, vedrà la partecipazione di moltissimi artisti di discipline diverse, dalla musica al cinema, dalla danza alla letteratura, ai fumetti. 




L’iniziativa, sponsorizzata da XL, il mensile di Repubblica dedicato alle arti varie, muove dall’impegno e dall’esperienza di Manuel Agnelli, leader della band milanese, e ha già avuto pubblici apprezzamenti anche dalle autorità governative italiane, a cominciare dal ministro della cultura Bray. L’obiettivo dichiarato è quello di “abbattere i muri e mettere in gioco diverse discipline per dimostrare come e quanto la cultura sia un settore fondamentale per la rinascita dell’Italia”.
Ambizioso, irrealizzabile, iperbolico? Forse sì, anzi non proprio. Difficile, ma poi non tanto, comprendere che l’intento di una cosa del genere non è il guadagno, la fama, qualche disco o libro in  più da vendere, ma decisamente qualcosa d’altro, un’impresa che in fondo solo degli artisti possono provare a realizzare. 

Ecco dunque come un evento dell’estate a temperatura variabile può diventare una buona notizia, quando fa propria e diffonde la voglia, che abbiamo, di non stare immobili ad assistere allo sgretolamento del Paese. Il futuro non è oscuro se un gruppo di artisti, persino con il favore dei media e l’attenzione della screditata politica, si pone delle domande per dimostrare come e quanto, mettendo in campo discipline diverse e giocando alla pari, la cultura sia un settore fondamentale per la rinascita dell’Italia, e decide di partire dall’organizzazione di un festival singolare.
Abbiamo tutti paura del buio, anche i grandi, come lascia intendere Mireille d’Allancé nel suo libro più bello, che racconta per immagini e parole le comuni paure dei piccoli. Capita a chiunque, impaurito mentre si spegne la luce d’improvviso nella stanza, di accelerare il passo scendendo le scale, rischiando di cadere a terra facendosi del male.


Ci era sfuggito forse sinora che la cultura può davvero aiutarci a stare meglio individualmente e a rappresentarci collettivamente, se si osa fare un passo in più con coraggio. Se si percepisce che essa in fondo è dovunque, come vogliono dirci questi artisti con il loro intento di ritrovarsi insieme e di intrecciare le rispettive esperienze, quando abbiamo voglia di sentirla. Artisti eclettici di ogni disciplina possono davvero aiutarci a capire che la cultura è nelle canzoni che ascolti per sbaglio camminando di fretta, nelle note che escono dal finestrino di una macchina o dalle fessure di una finestra, nei film che ti capita di vedere una sera d’estate, nella danza che ti avvolge misteriosa da una pedana provvisoria di una piazza di paese, nel disegno banale di un fumetto scherzoso, nella conversazione che intraprendi, per caso in strada, con uno sconosciuto alla fine di una lunga giornata di lavoro. Purché ci sia la volontà di viverla e gustarla, la cultura.


Allora il futuro, che sembra sempre più buio, non è più davvero tale, perché basta desiderare di entrarci dentro per scoprire che i nostri passi incerti e titubanti possono attraversarlo per tutta la sua profondità e creare una luce insperata. Quella della cultura, che nasce dove sa e dove vuole, dal basso, per riprendersi la dimensione del futuro e dargli un’anima nuova, è una prospettiva poco coltivata. Una cultura così intesa è gioia di ascoltare, di vedere, di vivere e può persino aiutare le persone a reagire a situazioni critiche, dando loro comunque la lucidità e la consapevolezza per poter prendere posizione di fronte al malessere. Potrebbe rappresentarci nella nostra individualità e nel nostro essere comunità, offrirci una interpretazione di valori, una rinnovata creatività, dandoci la forza per essere finalmente consapevoli del nostro futuro. Forse solo un inizio, ma sta a ciascuno decidere se questa piccola cosa possa diventare ancora più grande.

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