venerdì 25 marzo 2016

Al di là del rumore, la voce dell'altro

di Laura Bonfigli
(Commento a Brondi, Come un vento, che si scioglie, PL, 11/2/16)

Siamo poi così certi che il silenzio rappresenti una vera conquista, o sia una meta ambita in uno scorcio di secolo scomposto e decomposto in cui l'umanità appare perennemente agitata, tormentata,
o meglio ossessionata dal problema della visibilità a tutti i costi? Personalmente, credo di no: il silenzio è carico di ombre e racchiude in sé il mistero, l'inquietudine, l'angoscia, lo stupore e l'attesa. Tutto questo ha a che fare con l'altro volto della vita, ovvero la morte da cui tutti oggi rifuggono. Per questo i più si stordiscono con i convulsi cinguettii della rete in cui si aggirano tanti fantasmi, o anime morte, alla ricerca di un fremito di vita qualsiasi pur di dissolvere proprio ciò da cui sono inconsciamente posseduti: l'angoscia del limite. Solo il pensiero filosofico può aspirare al silenzio come una dimensione autentica ed irrinunciabile dell'essere. Il silenzio è al di là del rumore, nel silenzio si ritrova l'origine, il silenzio è ciò che permette di sentire la voce dell'altro, nel silenzio possono essere colte le cose nel loro significato più profondo. Ogni silenzio, inoltre, ha il proprio linguaggio: quello di Paolo Brondi ha la voce del vento, ma potrebbe avere anche le vibrazioni dell'universo, come ci insegnano le recenti scoperte della fisica, potrebbe coincidere con l'armonia dei cieli già nota a Dante. Il silenzio autentico, quindi, è sempre comunicazione di qualcosa e paradossalmente è capace di silenzio e ricerca il silenzio solo chi sa parlare, perché come suggerisce Eugenio Borgna "quando il silenzio non conserva in sé la forza della parola si trasforma in mutismo".

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