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Effimero quell'amore

Acqua cheta o passione, un soffio comunque vitale

di Paolo Brondi

Accade sempre così, un gran mare di malinconia si apre quando un amore finisce. Lo dicono anche i versi di un grande amatore: “E noi che pensiamo la felicità, come un’ascesa, ne avremmo, l’emozione, quasi sconcertante, di quando cosa ch’è felice, cade..” (R. M. Rilke).
La felicità di un incontro, l’amare con intensità, è qualcosa che si innalza, oltre la nostra precarietà, salvo poi manifestarsi avvilito, cadendo, situandosi cioè nel mondo dei nostri limiti e problemi, contaminandosi con la sofferenza e le pieghe della quotidianità.
Ma è proprio qui che si snoda il divario fra il vivere in modo effimero e la consapevolezza che è possibile anche nel dolore, nella malinconia, vivere una pienezza che non ha bisogno di stordirsi o di evadere per essere tale e che si identifica con l’elevarsi, l’assumere un punto di vista superiore, il pensare non in modo fisso e assoluto, ma soft, leggero, elastico, mobile e morbido.
Un pensiero che può essere nutrito dalla consapevolezza che esistono vari tipi di amore. Esistono amori che sono come l'acqua cheta e amori che invece sono come una tempesta di mare. Amori senza coinvolgimento non esistono, perché l'amore è sostanzialmente una passione trasformatrice: se uno è innamorato di qualcosa, di qualcuno, non resta mai lo stesso.
Quindi l'amore è come un soffio che ci invade, una ricerca continua, una attrazione fatale in alcuni casi, ma c’è bisogno di pazienza e di volontà per non essere travolti. C’è posto anche per il silenzio che solo apparentemente significa disamore, che non è mai povero, vuoto, ma può costituire il luogo della riflessione, del ripensamento su una storia. L'amore è un paradosso, perché, come dice Shakespeare, in Giulietta e Romeo, "l'amore più dà e più riceve". Normalmente più si dà e più si è privi di quello che si dà.

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