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(Achille Lauro, Vanity Fair) |
di Marina Zinzani
“Noi due orfanelli alla roulette, siamo a Las Vegas sotto un led.” Le parole di “Incoscienti giovani” di Achille Lauro, presentata con grande successo a Sanremo, richiamano un’immagine di altri tempi, che qualcuno ha associato ad un proprio ricordo, magari di decenni fa.
Tutta la canzone stessa è evocativa di anni della giovinezza, in cui c’erano cose portate all’estremo, i sentimenti verso un’altra persona che confinavano fra il vivere a mille e la perdita di ogni altro interesse, il cuore dato in mano a qualcun altro, innamoramento e azzardo. Il testo evoca anni di nostalgia, vagamente folli, la sensazione di essere vivi, liberi, eppure prigionieri dell’inquietudine e del tormento.
Anni dopo, qualcuno, con i capelli bianchi, una vita affettiva tranquilla, dei nipoti, ripensa ad un momento di gioventù e a quella follia mai più provata, passione che bruciava, passione che se n’era andata, così, come tante cose, senza un perché o solo per un avvenimento banale. L’amore e la fine dell’amore.
Quel qualcuno con i capelli bianchi ora, magari mentre porta a spasso il cane, risente quella canzone fermandosi in un bar, immagina i giovani alla roulette. Si accendono i ricordi. La giovinezza inquieta da una parte e la calma di ora, conquistata con gli anni. L’apprezzare una canzone fa parte del sentirsi ancora vivi.
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