venerdì 11 novembre 2016

Hillary, e le sconfitte degli altri

di Marina Zinzani

Ho 58 anni. La mia ditta ha chiuso da tempo. A nessuno interessa un carpentiere avanti con l’età. Potrebbe ammalarsi di più, cadere da un’impalcatura, a nessuno piace tutto quello che sa di vecchio. Ho 65 anni, fra poco andrò in pensione. Finalmente.
Sarà un grande giorno, quello desiderato da anni, e tante sono le cose che mi sono proposto di fare. La mia pensione non arriverà a 900 euro al mese. Sarà dura. Questo è il punto, un’ombra su ciò che desidero fare dei giorni che mi restano. Ho 30 anni e una laurea. Non è semplice trovare lavoro. Senza esperienza non mi assumono, e l’esperienza non riesco a farla, se nessuno mi assume. Ho trovato solo poche cose sottopagate, quasi una presa in giro. A 30 anni dovrei pensare a farmi una famiglia, a comprare una casa, certo, con un mutuo. Ma se non lavoro in modo stabile il mutuo non me lo danno. Anche fare figli è una cosa che mi fa sorridere. Quale futuro potrò offrirgli?
Hillary Clinton ha perso le elezioni. Il suo è stato un discorso corretto, di ringraziamenti, di diplomazia. Si intuiva, però, nei suoi occhi, l’emozione, l’amarezza che portava in sé in questa inaspettata sconfitta. Ci si sente sconfitti e piccoli come formiche, invisibili, inascoltati, schiacciati ogni giorno da una notizia che aggiunge amarezza ad amarezza. Ci si sente sconfitti anche in ambiti molto diversi, privilegiati. Negli occhi di Hillary ci sono state le lacrime forse, qualche minuto prima.  L’abbiamo percepita in una dimensione più umana. La sconfitta si accompagna al silenzio, di chi si sente invisibile e inascoltato. Ma anche per chi è sotto i riflettori  c’è una stanza appartata in cui fare i conti: con le aspettative deluse, e la sensazione di essere fragile. Come tutti.

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