sabato 3 febbraio 2018

Canne al vento

La distinzione tra bene e male risente dei cambiamenti sociali e politici: che ne rimane della coscienza?

di Cristina Podestà 
(Commento a Sensibili, come bilance, PL, 30/1/18)

La contrapposizione tra bene e male è molto soggettiva, legata senza dubbio a ciò che abbiamo appreso fin da piccoli dai nostri educatori, genitori, ma anche docenti, figure di riferimento, che hanno costruito il nostro super-io.
Presso gli antichi era bene ciò che per noi non lo è più ed, altrettanto, succedeva con il male. Cambiando la società, e l'epoca, viene valutata diversamente ogni azione dell’individuo sottoponendola al personale e/o collettivo giudizio del momento. La politica sottomette l'aggettivo buono alle proprie esigenze e ci rende partecipi socialmente di quella valenza che essa stessa impone al termine.
L'esempio di Hitler è validissimo: ciò che rientrava nei canoni dell'arianesimo andava bene, era bene, il resto no. E chi si discosta dal bene va punito. Ma chi stabilisce il bene? Ovviamente la politica che permea e plasma di sé la società. Pertanto, a seconda della politica del momento, accettiamo come buono quel che una volta avremmo disprezzato o contrastato, mentre ci appare negativa una cosa che era data per certamente buona, magari solo poco tempo prima. In tale ottica, superficiale appare la nostra esistenza e modulata su ciò che altri ci impone.
E dunque ha ragione Fredrick Nietzsche affermando che è buono chi ha capacità di fare la cosa che nel momento presente è accettata conformemente come buona, che è adeguata ai tempi e si adatta allo standard, che si inserisce in modo lineare nella contingenza dell'azione. 

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