Film: La grande ambizione
di Marina Zinzani
Qualcosa rende struggente la memoria. Non solo la nostalgia per un altro modo di fare politica, da tutte le parti. È una mancanza, che si avverte ogni giorno di più, soffocante e intollerabile (ap)
Il tempo della memoria: il film “La grande ambizione” è un viaggio nel passato, nel vissuto di un Paese e di ognuno di noi, e riporta a galla ricordi, impressioni, eventi anche tragici, possibilità infrante.
La figura di Enrico Berlinguer è raccontata in modo privato e pubblico, nella narrazione di quegli anni in cui il Partito comunista italiano riscuoteva ampio consenso, soprattutto fra i lavoratori, e Berlinguer promuoveva quella strategia chiamata il compromesso storico, cioè l’entrata al governo del suo partito. Compromesso storico che avrebbe avuto l’appoggio di Aldo Moro. Poi la strage di via Fani ha cambiato le cose, per sempre.
La partecipazione politica dei cittadini, la potenza elettorale dei lavoratori che vedevano in Berlinguer un rappresentante dei loro diritti, il loro credere nella lotta, non violenta, nel diritto al voto e che quel voto potesse cambiare le loro vite: appare tutto questo come velato da una sottile malinconia, forse anche per le tante immagini di repertorio che evocano stagioni i cui ricordi non sono così lontani.
Perché questo viaggio nella memoria oggi fa comprendere che questi sentimenti si sono perduti, si è perduta la passione per la politica, si è perduta spesso la fiducia nei leader politici: questi leader non si sentono vicini, in grado di agire concretamente per gli interessi di chi li vota.
Si vota alla fine senza una grande convinzione. Anche perché le promesse preelettorali, il giorno dopo le elezioni, una volta arrivati al potere, diventano argomenti spesso dimenticati. Il cittadino si sente tradito, pensa che il suo voto sia ininfluente, che nulla cambierà se lui va a votare. La voce delle persone rimane inascoltata: questa è la percezione di chi rifiuta la sua possibilità di voto e si astiene oggi.
È un film commovente, soprattutto alla fine, pervaso da eventi che hanno dominato la scena di quegli anni, sacrificato persone, come Aldo Moro. È un film malinconico perché quella partecipazione emotiva alla politica, il crederci, appartiene al passato, quel passato di anni anche difficili, terribili, che hanno segnato il nostro Paese. Berlinguer appare un leader in grado di muovere gli animi, di tenerli uniti, prima che il disincanto arrivasse, come una nebbia che tutto ha avvolto.
Elio Germano entra perfettamente nella parte, regalando un’interpretazione che convince ed emoziona, in uno scenario quasi magico in grado di riportarci indietro in quegli anni, in quel tempo in cui gli ideali muovevano persone, contagiavano, accompagnati dalla speranza di un mondo più giusto, migliore.
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