mercoledì 10 maggio 2017

Ascoltando ... Va pensiero sull'ali dorate





Va, pensiero, sull'ali dorate;
Va, ti posa sui clivi, sui colli,
Ove olezzano tepide e molli
L'aure dolci del suolo natal!
Del Giordano le rive saluta,
Di Sïonne le torri atterrate...
Oh mia patria sì bella e perduta!
Oh membranza sì cara e fatal!
Arpa d'or dei fatidici vati,
Perché muta dal salice pendi?
Le memorie nel petto raccendi,
Ci favella del tempo che fu!
O simile di Solima ai fati
Traggi un suono di crudo lamento,
O t'ispiri il Signore un concento
Che ne infonda al patire virtù!
(ap) Va pensiero, uno dei più noti cori della storia dell’opera, inserito nella parte quarta del Nabucco di Giuseppe Verdi, è cantato dagli ebrei, prigionieri di Babilonia, per rivendicare la loro libertà di fronte all’oppressore.
I suoni iniziali sono sommessi e misteriosi, pieni di commosso spirito elegiaco, poi subentra la violenza degli archi,  ed infine le ultime battute ritornano alle melodie dolci del flauto e del clarinetto, che evocano con nostalgia i luoghi tanto cari.  “Una grande aria, cantata da soprani, contralti, tenori”, come la definì Gioacchino Rossini.
Il coro segnò l’incontro tra il genio del maestro e le speranze di indipendenza e di libertà dell’Italia risorgimentale. Così l’aria venne interpretata e vissuta nell’800 come la metafora della rivendicazione del popolo italiano di fronte all’occupazione austriaca, per la libertà della loro terra, quella “patria sì bella e perduta”. Le vie di Milano, al funerale di Giuseppe Verdi, risuonarono della sua musica: Va pensiero venne intonato per le strade della città in cori spontanei.
Anche dopo la seconda guerra mondiale, questo coro è rimasto associato ad eventi umani e sociali laceranti: istriani, fiumani e dalmati raccontarono, con questo stesso inno, lo smarrimento sentito per la perdita dei loro territori e l’esodo drammatico dalle terre lasciate, da cui sorgeva “un suono di crudo lamento”.
Oggi, quel coro ha acquisito un significato universale, oltre le vicende storiche alle quali è legato, per raccontare quanto conti, per tutti coloro che si sentono affaticati, quel “pensiero sull’ali dorate” rispetto ai vincoli materiali e morali di ogni tipo, quanto serva non dimenticare “il tempo che fu”, proprio per riaccendere “le memorie nel petto” e ascoltare finalmente non solo “le aure dolci del suol natal” ma quelle di ogni momento della vita.

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