martedì 17 luglio 2018

Ali di farfalla

Francis Scott Fitzgerald nel 1921
Hemingway e Scott Fitzgerald: il male di vivere nella società americana del ‘900

di Marina Zinzani


«Il suo talento era naturale come il disegno tracciato dalla polvere sulle ali di una farfalla. In un primo tempo non lo capì più di quanto non lo capisca la farfalla, ed egli non se ne accorse neppure quando il disegno fu guastato o cancellato. Più tardi si rese conto delle sue ali danneggiate e comprese com’erano fatte e imparò a riflettere e non riuscì più a volare perché era scomparso l’amore per il volo e poté solo ricordarsi di quando volare non gli era costato il minimo sforzo».
Le parole che Ernest Hemingway dedica a Francis Scott Fitzgerald sono di rara sensibilità, un contributo all’amico che aveva scritto un romanzo come “Il grande Gatsby”, che aveva conosciuto il successo ma la cui vita era stata segnata dal tormentato rapporto con la moglie Zelda, dalla malattia mentale di lei, dall’alcol, dal male di vivere di quella che negli anni ’20 a Parigi veniva definita “La generazione perduta”.
Le ali danneggiate sono delle persone fragili, ali che hanno provato a volare, hanno creduto in un sogno, o avevano un talento, o un progetto, il volersi discostare dai propri simili ed andare un po’ più su, in un cielo più limpido. La generazione perduta ricorda i sogni perduti, le ideologie frantumate, il denaro rimasto come unico dio in grado di muovere le cose e le persone, e di generazioni perdute ce ne sono state tante, ovunque, in tutti i tempi.
Le ali di una farfalla smettono di volare quando le persone deludono, e ci si lascia dietro un amaro che fa chiudere il cuore. Smettono di volare anche quando un amore diventa una forma di violenza. Quando il difficile equilibrio del vivere viene compromesso da rumori, parole, inutili e dannose.
La penna di Hemingway, paragonando Scott Fitzgerald ad una farfalla, parla di ciò che la sua vita avrebbe potuto essere, e non è stata. Come la vita di molti.

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