(Angelo Perrone) Un summit che ignora le basi della diplomazia, elevando il conflitto al rango di un mero esercizio di potere.
L'incontro tra Trump e Putin non è una trattativa, ma un'affermazione di dominio, una dimostrazione di forza in cui due plenipotenziari autoproclamati decidono le sorti del mondo.
In questo teatro di potere, la diplomazia viene svuotata di senso. Non si cerca il consenso, né si riconosce la necessità della partecipazione di tutte le parti, in particolare dell'Ucraina, vittima diretta dell'aggressione, e dell'Europa, primo baluardo della stabilità regionale.
L'assenza di questi attori cruciali trasforma il vertice in una manovra cinica e unilaterale, volta a ridisegnare gli equilibri globali sulle spalle degli altri Paesi, ignorando le loro sovranità e i principi del diritto internazionale.
Si tratta di un'interpretazione della politica estera che rigetta la complessità della negoziazione in favore di una logica di forza, un chiaro segnale di un mondo che rischia di regredire a una governance basata sulla supremazia, anziché sul dialogo e il rispetto reciproco.
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