(Angelo Perrone) La vicenda del ministro Schillaci, e in particolare il dibattito che ne è scaturito, mette in luce una delle sfide più delicate del nostro tempo: il rapporto tra la politica e la scienza.
A inizio agosto, Schillaci aveva nominato i membri del gruppo tecnico consultivo nazionale per le vaccinazioni (Nitag), decisione controversa per la presenza di due figure note per le posizioni critiche e, in alcuni casi, contrarie ad alcune vaccinazioni, in particolare quelle anti-Covid.
Erano scaturite forti polemiche, per cui il ministro ha dovuto revocare l'intera commissione.
La serietà e l'integrità della ricerca, fondate su dati, metodo e rigore, rischiano di essere minacciate dalla vacuità della politica, spesso mossa da logiche di consenso e da una comunicazione che tradisce la complessità dei fatti.
In questo contesto, la scienza non può essere piegata a strumento di propaganda. Quando ciò accade, si incrina un patto di fiducia fondamentale, non solo tra cittadini e scienziati, ma tra la società intera e la ricerca del progresso.
In un'epoca segnata da facili promesse e da un'opinione pubblica sempre più disorientata, è vitale denunciare il pericolo di voler strumentalizzare il sapere scientifico, ricordando che senza un'autentica fiducia nei fatti e nelle scoperte, la democrazia stessa perde uno dei suoi pilastri più solidi.
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