domenica 5 novembre 2017

Curare il basilico

di Marina Zinzani
Tratto da “I racconti dell’acqua”
(Commento di Angelo Perrone)

(ap) L’acqua è il tema ricorrente di questi Racconti. Qui, è nutrimento delle piante, soprattutto di quelle più esili e fragili, esposte alle avversità di ogni tipo. E diventa metafora di una risorsa di altra natura: il sentimento affettuoso che alimenta i rapporti umani, li sorregge, li fa crescere dando loro persino una nuova vita. Il tema dà corpo ad un contesto, di pensieri e di sentimenti, rarefatto e suggestivo, per molti versi anche tranquillo e rassicurante.

Elemento prezioso, simbolo di energia, di vitalità, del divenire stesso, l’acqua attraversa la parola scritta come protagonista discreta e misteriosa di storie tra loro diverse e apparentemente dedicate ad altro. Ma che finiscono per dare rilievo proprio a lei, l’acqua, scoprendone le molteplici dimensioni di senso.

Il basilico cresceva, il basilico aveva bisogno di acqua. Andava annaffiato regolarmente, quasi ogni giorno, così le sue foglie crescevano rigogliose, verdi e grandi, verdi e grandi, e il profumo, avvicinando il naso, era delicato e intenso.
Sarebbero state foglie da mettere in sughi semplici di pomodoro, in capresi con mozzarelle di bufala, e il pesto, il pesto sarebbe stato una delizia al palato, perché le foglie erano così profumate, sane, rigogliose e tutto questo perché la pianta aveva avuto acqua necessaria, dosata con cura, al riparo dalle intemperie.
Anche i rapporti umani avevano bisogno di acqua, di nutrimento, ma questo era un altro discorso. Una madre che aspetta il sabato un figlio sempre troppo impegnato, una nonna che aspetta il nipote che ha tante cose più interessanti che andarla a trovare… Sì, il sabato era giorno di visita, ma si parlava poco, qualche parola, qualche convenevole, qualche discorso sul più o il meno. Il figlio di Elvira andava sempre di fretta, i suoi cinquant’anni lo avevano reso appesantito, il lavoro diceva, “il lavoro mamma mi porta via un sacco di tempo e ci sono tante cose a cui pensare…”
Il tempo. Pensare ad altri tempi. Anche lei aveva lavorato, e in fabbrica. Non era facile il lavoro anche allora, e lei doveva anche tirare su due figli, e dividersi fra la suocera anziana e la casa, tutta una vita di corsa. Ora che aveva settant’anni, Elvira si era ritrovata sola, e attendeva. Attendeva visite.
Si era dedicata così alla cura del suo balcone con una passione quasi maniacale, curare le foglie, curare i fiori, far crescere le piante aromatiche e soprattutto il basilico.
Il figlio doveva arrivare, era probabile, così lui aveva detto per telefono. Certo, pensò Elvira, potrebbe fermarsi qui a mangiare, posso fare due spaghetti con pomodoro e basilico, uno spicchio d’aglio e quei pomodori così rossi e pieni di succo, una cosa semplice, possiamo mangiare assieme, una volta tanto.
Quasi le venne da apparecchiare la tavola, anzi, la apparecchiò per tre, perché se ben ricordava anche il nipote doveva fare un salto col padre, dovevano venire dalle sue parti per qualcosa…
Tutto veloce, il sugo richiedeva poco tempo, e lo spicchio d’aglio pelato, il cui sapore era rimasto un poco fra le sue dita, cominciò a soffriggere dolcemente con un filo d’olio, e poi i pomodori succosi, ah, un profumo già per tutta la cucina, e forse fuori, forse fuori…
Ecco suonare il campanello, sono loro, pensò. Si pulì le mani nel grembiale, e rispose al citofono. Voce di donna. No, non erano loro. Era Antonia, la sua amica con cui andava ogni tanto al centro anziani. La fece salire.
Il profumo, Antonia respirò profondamente come se quell’odore di aglio e pomodoro risvegliasse in lei un improvviso appetito. D’altronde era quasi mezzogiorno.
“Per chi cucini? Hai la tavola apparecchiata.”
“Dovrebbero passare mio figlio e mio nipote, se ho ben capito. Forse vorranno mangiare qualcosa.”
La risposta di Elvira fu lacunosa, non disse più niente di loro, guardava l’orologio mentre parlava con Antonia, donna simpatica e piena di iniziative, coetanea sua ma più piena di vita, che vedeva nella terza età una serie di possibilità molto interessanti, fra cui viaggiare, ballare, mangiare con vecchi amici. Antonia era vedova anche lei, ma aveva organizzato una serie di amicizie che la proteggevano, se così si poteva dire. Persone che non erano parenti, ma che le volevano bene.
Elvira ascoltava la proposta di Antonia per un viaggio organizzato promosso da un’associazione per anziani, e intanto guardava l’orologio. Era già mezzogiorno e un quarto. Poi si fece mezzogiorno e mezzo. Poi suonò il telefono. Era il figlio.
Il volto di Elvira si rabbuiò leggermente.
“Pensavo venissi, avevo preparato qualcosa da mangiare, doveva passare anche Fausto mi avevi detto.”
Il figlio disse qualcosa, e lei fece un cenno con la testa.
Lo sguardo di Antonia su di lei, quasi a indagare un’espressione delusa.
“Non vengono allora?”
“No, hanno fatto tardi… Poi devono andare in un altro posto…”
Antonia guardava il sugo già pronto, e le foglie di basilico che erano in tavola.
“Che profumo il tuo basilico, Elvira, non ho mai visto un basilico così” disse la donna, prendendo una foglia e avvicinandola al naso.
Il basilico l’aveva curato, dato acqua, curato come si cura un figlio.
L’acqua di cui ha bisogno un figlio è fatta di tempo, di comprensione, di parole. Di tante cose, perlopiù misteriose. Aveva usato tutta quell’acqua per il figlio? O il suo essere un uomo distante, quasi freddo, significava che non era stato nutrito bene, che gli era mancato qualcosa di prezioso?
“Non è che mi inviti a pranzo? A questo punto il sugo ce l’hai, è già apparecchiato…” chiese quasi sfrontata Antonia.
 “Volentieri, ti vanno bene gli spaghetti?”
Piano piano si sciolse la delusione, Elvira salì sulla giostra di discorsi, anche leggeri e divertenti, dell’amica, e dimenticò quell’appuntamento mancato, e scivolò via tutto, ciò che non era stato, ciò che avrebbe potuto essere.

1 commento:

  1. I racconti della Zinzani son favole per adulti, ti accompagnano delicatamente dentro dimensioni tristemente verosimili e purtroppo familiari, senza obbligarti a riflettere...poi però, se si accorgono di averti rattristato, ti prendono a braccetto e ti portano fuori a fare due passi in allegria. Piacevoli, sempre, con quel sottofondo di sana , quotidiana speranza. Veramente brava.

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