(a.p.) ▪️Una girandola di trasferimenti. Dall’Italia in Albania, poi indietro, e infine dall’Italia in aereo in Bangladesh. Ci sono voluti quattro viaggi in sette giorni, la nave da guerra, l’aereo, e l’accompagnamento di due poliziotti. Risultato, il rimpatrio di un solo migrante irregolare, certo Fahim, 49enne, venditore di rose. Uno sforzo inaudito, per tempo, mezzi, tragitto, denaro. Con una spesa stimata in 6000 euro (e sarebbe bastato un quarto se il rimpatrio fosse avvenuto direttamente dall’Italia). L’evento, nonostante la pochezza, è stato rimarcato dal governo come un successo. L’accordo con l’Albania, soluzione innovativa per snellire le procedure di rimpatrio, è un meccanismo macchinoso, incomprensibile. La tortuosità della procedura moltiplica i costi. La sola realizzazione dei centri ha richiesto 680 milioni di euro, a nostro carico. Il caso Fahim evidenzia inefficacia e sproporzione mezzi-fini. Oltre all’aspetto economico, emergono questioni giuridiche e umani...