lunedì 1 agosto 2016

Perché non cercarle, le ali della felicità?

di Cristina Podestà
(Commento a Brondi, Felicità? Il destino di perdere le ali, PL, 26/7/16)

Su che cosa sia la felicità e dove si collochi, è riflessione e discussione da quando l'uomo ha cominciato a far filosofia. Ma, purtroppo, credo anche che non vi possa essere risposta certa.
"Piacer figlio d'affanno" io penso sia la frase più calzante. Forse si, la felicità sta proprio dove non c'è dolore o sofferenza alcuna. Ma noi non ne siamo consapevoli, dunque cerchiamo qua e là il modo in cui essere massimamente felici, sprecando tempo ed energie nel rincorrere futili illusioni!
Talvolta ho pensato che la felicità sia soltanto frutto di una pax interiore, un risveglio dell'anima, una condivisione di intenti, l'amore per un figlio, la pace con se stessi e l'accettazione dei propri limiti, la gioia è essere liberi e appagati di ciò che si è, di ciò che si fa; forse sta nel progettare per un domani, oppure consiste nell'evento piacevole che capita inaspettato.
Essa è impalpabile, la si trova negli occhi di un bambino che ripone fiducia in te, oppure nella contemplazione di un paesaggio che lascia senza fiato, in un tramonto, in una serata piacevole in famiglia. So per certo che è passeggera, momentanea, ma che esiste! Questo si!
E perciò reputo che il suo scritto sia molto istruttivo, e che tocchi il cuore del problema. Bisogna liberarsi dalle pesantezze del corpo, ma anche dalle fatiche dell'anima. Felice è chi sta bene con se stesso e ha raggiunto la moderazione e la saggezza.
Il problema è trovare in se stessi l'equilibrio che ci faccia saggi e alati come l'anima di Platone, per volare sopra tutte le cattiverie, le tristezze e i mali che occupano questo piccolo nostro pianeta.

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