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Il ballo di San Vito

Prevale il vortice delle notizie: la frenesia toglie spazio alla concentrazione e al silenzio. Indispensabili per tornare a leggere con calma

di Paolo Brondi

Il tempo, seguendo l’antica lezione, si declina, in stagioni, cronologia, una linearità che va sempre nella stessa direzione, nulla accade che non sia accaduto; in opportunità che comprende insieme passato e futuro; in assoluto futuro, il compimento finale di un progetto.
Ma è questa una immagine esemplare e rassicurante del tempo. Oggi il nostro tempo è la mescolanza di tutte quelle distinzioni che trova unificazione nella ossessione della velocità, della fretta, del guadagnare tempo, dell’andare avanti.
In questa contestualità, se ciascuno dei nostri giorni è caratterizzato da un attivismo frenetico, come una sorta di ballo di S. Vito, che ci porta fuori dagli spazi della concentrazione, della riflessione, del silenzio che occorrono per leggere, un libro rischia di diventare un oggetto che si usa e si getta, come un semplice quotidiano.
Un autore, oggi, non gode più della weltanschauung (visione del mondo) di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, di Robert Musil, di Thomas Mann, ma anche del nostro Giorgio Bassani. Scrittori mossi dalla fiducia che il loro “lavoro” educasse la società, una fiducia non praticabile oggi perché la narrativa, le poesie non entrano nell’anima delle persone, nella loro coscienza.
Sono come anestetizzate dalla gran massa delle informazioni loro propinate dalla stampa, dalla tv, dalle chiacchere, dalla logica del troppo, da tutto ciò insomma che nuoce alla letteratura, pur non distruggendola. All’illusione di educare la società, è sostituita l’affannosa ricerca di far irruzione nelle parole che si usano portando in esse genialità o disordine. Un disordine che spesso scade nel balbettio, nella esibizione lasciva, eppure, coerente con le aporie del tempo, fa mercato.
Tristemente obsolete sono le massime per cui scrivere di narrativa e di storie non basta affidarsi alla lezione del gergo, o del linguaggio delle esperienze di uso corrente, né affidarsi ingenuamente presuntuosi alla vena narcisistica della propria ispirazione, ma occorre studiare, divorare montagne di libri, scegliendo quel linguaggio che Ernst Cassirer chiamava di “forme del sentimento”, un linguaggio cioè che rispetta i canoni della leggerezza, bellezza, armonia.

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