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Irpinia d'Oriente

(Foto Mariagrazia Passamano)
Un mondo racchiuso in se stesso, e inesplorato: i profumi, i sapori di una terra dalle radici profonde

(ap) Distese di grano a vista d’occhio, circondate dal vento, immerse in spazi inesplorati. Non ci sono fabbriche, od officine, né strade di traffico frenetico. Solo grano e qualche trattore al lavoro, con il suo lento cigolio tra le zolle. Nessun rumore molesto arriva a scuotere i borghi sulle colline lontane. Piccolissimi e distanti tra loro, ma così simili l’uno all’altro, ciascuno specchio della vita degli altri paesi.
L’Irpinia orientale, raccolta dalle parti di Avellino, è terra che vive in un silenzio rarefatto e sonnolento, scandito dal ritmo delle campane della chiesa, dal vociare delle donne alla finestra, dai sussulti dei crocchi radunati davanti ai pochi bar. Da quei volti segnati nel tempo, conosciuti da tutti con i loro soprannomi, che ricordano radici profonde.
Vi regna la calma di un clima aspro, lontano dal mare, che non conosce il clamore del nuovo se non in certi momenti dell’anno, con il ritorno di chi è già andato via.
I turisti sono rari, vi arrivano a fatica, e gli abitanti di questi luoghi non hanno modo di perdersi in cerimonie con loro. A chi vi abita sembra quasi che non ci sia nulla da fare se non osservare le nuvole in alto e i campi all’orizzonte.
Pare che il presente, dopo tante partenze, sia fatto di poco e che la vita mostri il suo lato più parco. Quel minimo, che però fa ascoltare meglio i profumi e le voci di sempre: il bucato appena steso dalle lavandaie, il miagolio dei gatti tra i vicoli, la minestra di legumi che cuoce sulle vecchie cucine a legna.
Ora però, sulle creste dei colli circostanti, qualcosa cambia e si sente il ronzio insolito delle pale eoliche in movimento.

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