Telefoniste |
Tanti i mestieri desueti o spariti per il progresso tecnologico. Nell'era della globalizzazione, è rimasta la sapienza del lavoro a mano. Nell'artigianato, nell'arte. Un bene culturale
(ap) Sono
molte le occupazioni che, nella società moderna, hanno perso centralità. O addirittura
sono sparite del tutto. Colpa (e merito) della tecnologia: le macchine sono in
grado di fare meglio quello che una volta faceva l’uomo a fatica e con mezzi
rudimentali.
Lo ricorda nel suo ultimo libro Davide
Rampello, L’Italia fatta a mano. Beni
culturali viventi, Skira, 2020, senza tuttavia accenti di nostalgia o
recriminazione. Non c’è da pentirsi del progresso che, se ha cambiato le nostre
abitudini e cancellato alcune professioni, ha tuttavia migliorato le condizioni
di lavoro e la qualità della vita.
L’autore,
che è stato presidente della Triennale di Milano dal 2003 al 2011, ed ha poi curato
il padiglione Zero per l’Expo 2015, ricorda e descrive tante lavori tipici del
passato con uno spirito diverso da quello malinconico dei laudatori del tempo
antico. Del resto, come potremmo, a proposito della conservazione dei cibi,
pensare oggi, con le attuali tecniche di refrigerazione, di tagliare a mano il
ghiaccio dalle montagne e trasportarlo a fatica in città? Oppure non sarebbe
semplicemente ridicolo salire su un calesse per raggiungere un’altra città, o
solo il luogo di lavoro?
Dunque, l’Italia fatta a mano da ricordare,
anche per trarne qualche utile insegnamento, è un’altra, quella delle
tradizioni manuali che hanno saputo innovarsi, stare al passo con i tempi,
conservare la preziosità dell’inventiva individuale in un contesto
globalizzato.
Spegnitore di lumi |
Gli antichi
mestieri hanno ceduto il passo dinanzi a invenzioni che hanno modificato
gli stili di vita. Era inevitabile, non poteva andare diversamente, il progresso
ha cambiato ogni cosa. Al punto che oggi di molte attività non si ha più memoria.
Spegnere i lampioni a olio all’angolo delle strade la mattina presto? Collegare
le linee telefoniche con cavi manovrati da centraliniste per consentire
comunicazioni tra persone lontane? Quando è accaduto tutto questo?
Tuttavia,
la storia dei mestieri artigianali non è solo questo. Un elenco di attività desuete,
disperse nella memoria collettiva. Una sequenza, sfuocata come immagini di
vecchie fotografie, di comportamenti privi di senso. Forse, a tutto concedere,
un’eredità storica. Destinata ad essere ricordata, malinconicamente, in qualche
mostra.
Ricavandone, dopo averla visitata, un senso di straniamento: epoche troppo
lontane mentalmente anche se tutto è accaduto in poco tempo. A praticare quei
mestieri sono stati persino, se non i nostri genitori, i nonni. Non ricaveremmo
un senso di vitalità neppure se ci sforzassimo di cercare le attività superstiti,
che magari sopravvivono in uno sperduto paese: spesso un’attrazione turistica.
Al
contrario, non si tratta di commemorare un mondo ormai superato. Che noia la
logica del “come era bello prima”. Magari, quando si andava cavallo e non c’era
l’inquinamento. Intanto, se molti mestieri sono spariti, non sono venute meno le
esigenze per le quali erano nati. Oggi ci sono metodi più efficienti. Stessi
obiettivi, altri mezzi per realizzarli. Poi, tante attività hanno conservato il
loro ruolo, ma si sono rinnovate profondamente. Come era logico che fosse. Infine,
e soprattutto, è rimasto il meglio di quelle occupazioni tradizionali, la
passione per il buon lavoro fatto a mano.
Tagliatori di ghiaccio |
E’ quella cifra
umana, che viene dal passato, ed è rappresentata dal metodo artigianale.
Fabbri, vetrai, orafi, saldatori, pasticcieri, liutai, sarti: sono un esempio di
artigianato
di qualità, che ha radici antichissime in Italia. E’ l’anticipazione del “made
in Italy”, prima che si chiamasse così. Un modo di fare, di pensare la qualità,
di stabilire competenze. Un criterio che permette di non confondere le cose, ma
di distinguerle in base alla loro unicità e rarità, cioè alla sapienza con cui
i materiali sono scelti e messi insieme.
Sapere
modellare la materia, creare pezzi rifiniti; speciali perché originali. E’ una
capacità che sta alla base di attività umane in tutti in campi, dall’agricoltura
alla manifattura, alle costruzioni, nel mondo rurale e in quello urbano, sempre
contrassegnata dallo stesso fattore, la sapienza nell’uso delle mani.
Una
prassi apparentemente minore e secondaria rispetto alla grande produzione, dati
i numeri di questa, che tuttavia è rimasta preziosa, ed è oggi un valore
aggiunto anche nella sopravvivenza di tante iniziative economiche. Perché
occorre non solo produrre tanto, ma saper rifinire il prodotto, dando al
cliente la percezione che, a farlo, si sia pensato proprio a lui, alle sue
esigenze. Distintamente dai bisogni di tutti gli altri.
Può ancora essere
introdotta una dimensione umanizzante e personale, in un mondo reso uniforme ed
omogeneo dalla globalizzazione. Si può evitare di soggiacere ai prezzi
stracciati ottenuti con lo sfruttamento del lavoro spesso minorile, e all’appiattimento
dei gusti, mantenendo un’identità culturale che ha un valore spendibile
economicamente. E’ il segreto della moda, dell’oggettistica, dell’arredamento, dell’alimentazione,
e di tanto altro, che contribuisce a definire un certo stile di vita, come per
esempio quello italiano.
Una dimensione che, a ben vedere, ha collegamenti
strettissimi con la storia delle arti tutte, perché l’invenzione creativa si è
sempre basata sul lavoro artigianale, unico e insostituibile, del singolo artista.
E’ proprio sul versante culturale che la memoria sa coniugarsi con
l’innovazione, e il passato riesce ad aprirsi al futuro.
Nessun commento:
Posta un commento