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Cocomeri a Porta San Giovanni


Poesia
di Vespina Fortuna

Mo’ te ricconto un fatto assai curioso
de quelli che succedeno alle vorte
quanno che dichi “er diavolo ‘nvidioso
ariva sempre co’ le cianche storte! ”
Era quer tempo antico, ormai lontano
quanno che Roma era tutto un prato
pe’ l’omini er Papa era lo Stato
e solo drento alle mura eri romano.
Un giorno, er Papa, guardanno San Giovanni
disse “certo che pe’ arivà in basilica
‘sta portarella è veramente stitica
porta Asinara è stretta, ormai, pe’ st’anni!


Pe’ l’accojenza de li pellegrini
che ariveno da fora co’ li affanni
pieni de doni, lardo, cacio e affini
stanchi morti de sonno e de malanni.
Se buchino le mura de Aureliano!
Se chiami un’architetto coi cojoni
uno che ce sa fa’  co’ le sue mano
se faccia ‘n apertura sui bastioni!”
Michelagnolo, che era indaffarato
disse: “ve manno uno de l’aiutanti mia
state tranquillo, Padre, è assai fidato
nun è uno che ho preso pe’ la via”.


Arivò Giacomo, prese le misure
fece ‘no schizzo sopra un muro bianco
scrisse li nummeri sulle pietre dure
solo a guardallo fa’, eri già stanco.
Ce volle poco tempo a fa’ la porta
bella, maestosa, co’ n’arcata in cima
molto più grossa de quella de prima
che ormai dalle macerie era seporta.
Fu fatta l’iscrizione sopra un sasso
e poi fu appiccicata sulla porta
pe’ dì che l’ideazione de quer passo
era der Papa, er nome suo riporta.


Voi penserete: “sì, ma er fatto strano?
Quanno ce lo ricconti, bello mio?”
Ecco, fijetto bello, c’ho ‘na mano
che quanno scrive, poi va nell’obblio.
Accadde un fatto curioso, ve ricconto
era d’agosto, faceva tanto callo
Giacomo, l’architetto, annò a cavallo
verso la via che porta ar Metaponto.
Co li compagni d’arte, magna e bevi
gòdete i sordi che t’ha dato er papa
s’imbriacano lui e tutti li allievi
bevenno pure er succo de la rapa.


Ve ricordate? Faceva un ber carduccio
era d’agosto e tanta era l’arsura
trenta cocommeri misero sur ciuccio
che della sete so’ perfetta cura.
“Pijamoli ben freschi!” disse uno
“Attenti “ disse un artro “So gelati!”
“Mejo, ce rinfrescano i palati”
E presero a mangianne uno ciascuno.



Cammina e magna, taja che c’ho sete
ognuno ne ngojò nun se sa quanti
er poro Giacomo cadde nella rete
nu je servì raccomandasse ai santi.
Arivato che fu lì, a San Giovanni
proprio sotto a quer muro che avea rotto
comprese che quer frutto galeotto
je aveva rapinato l’artri anni.
E sì, signori miei, così successe
Giacomino pe’ n’indeggestione
morì proprio sotto a quer portone
perché né panza né pompa nun je resse!

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