giovedì 21 maggio 2020

Ladri di sogni?

La strana denuncia di furto che lascia di stucco i carabinieri


di Cristina Podestà

“Scusi, non ho capito bene, che cosa le avrebbero rubato?” chiese sorpreso  il carabiniere.  
“I sogni” rispose Elena.
“Come i sogni signorina?”
“Certo, i sogni.”
“Mi scusi ancora, non riesco a comprendere. Vuole spiegare meglio come mai adesso è qui? Cosa è venuta a fare?”
“Sono venuta a denunciare tutte quelle persone che mi hanno derubato. Mi hanno sottratto, nel modo peggiore, tutti i miei sogni, come quello di crescere bene, di studiare in modo produttivo, di correre per strada senza avere paura, di uscire la sera senza sentirmi minacciata. I sogni di una adolescente che crede nell’amore, il sogno di potermi realizzare.”
“Come è stato possibile?”
“Glielo spiego. Ho subìto atti di bullismo fin da piccola da compagni di scuola ricchi e benestanti. Hanno sempre fatto apprezzamenti negativi sul mio abbigliamento, sul mio zaino, sul fatto che non avessi materiale scolastico di moda o griffato. Mi prendono in giro perché non faccio vacanze costose, perché mia madre fa le pulizie, perché non ho un padre. Non ho soldi per uscire il sabato e andare nei bar, sono astemia e non festeggerò i miei 18 anni, perché forse dopo il diploma dovrò lavorare per mantenermi all’università. Sono stata minacciata di botte all’uscita di scuola se non avessi fatto i compiti per tutti, se non mi fossi offerta volontaria al posto di altri. Mi hanno mandato avvertimenti anonimi in biglietti recapitati davanti al mio portone, in cui mi si impediva di parlare con un ragazzo della 5A perché una ragazza molto più bella e interessante di me ne è innamorata e io lo sto distogliendo da lei. Non sopportando più questa situazione, ho deciso di sporgere denuncia per ciò che queste persone, con il loro atteggiamento persecutorio, mi hanno rubato e continuano a rubarmi. Prima di tutto la tranquillità. Io e mia madre saremmo serene col nostro poco, con la nostra felicità, fatta di cose semplici, di un fiore, di un sorriso la sera, di un bel voto a scuola. Questa gente non mi consente di vivere, mi tormenta, mi controlla, mi tortura, mi ruba il benessere. Se potete, vi prego, aiutatemi a salvarmi.”
Nella caserma il brusio era cessato. Lo sguardo dei presenti corrucciato e preoccupato. Il carabiniere preposto a raccogliere la deposizione guardò i colleghi e, d’un tratto, seppe cosa rispondere.
“Certo signorina. Lei ha ragione. Le saremo accanto in questo suo percorso di riscatto dei suoi sogni, bisogni e desideri. Con calma, per favore, inizi pure ad esporre in ordine e a ripetere ciò che ci ha raccontato che scriverò ogni particolare da lei denunciato. E ci scusi se abbiamo permesso che al giorno d’oggi esista una società come questa. Cominci pure. Nomi e cognomi.”

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