martedì 19 maggio 2020

La storia di Camilla, tra bellezza e sofferenza


La storia di Camilla, bella dentro: una vita selvaggia e tremenda, di nascosta sofferenza


di Bianca Mannu

O Camilla! Nessuno si era accorto che esistevi e che faticavi orribilmente, in ultimo, a infilare un giorno appresso all’altro. Semplicemente tu non eri. Come tanti/tante, non eri, se non come un grafo su un supporto istituito per imperio di legge. Certo, la tua attuale condizione sociale ti avrebbe salvata dagli orribili cronicari per persone indigenti. Ma saresti potuta diventare strumento di profitto in una sala ospedaliera super attrezzata e contemporaneamente fungere da feticcio semivivo per motivare rituali Dies irae.
Salterà fuori adesso la tua infanzia malaticcia? Qualche cartella medica priva di importanza, dimenticata in archivi che nessuno ha visitato, salterà fuori per raccontare forse un’inadempienza? Gli elenchi scolastici? Anche quelli! E forse una vecchia pagella? Giudizi scolastici; il tuo: diligente, educata, un po’ introversa. Introversa! Si potrà imputare all’introversione la scoperta che siamo finiti a dormire e godere – per poco - nello stesso letto? Anatema! Pensa: 500 anni fa saremmo potuti finire nelle segrete della Santa Inquisizione e poi su un rogo, ottimo strumento di persuasione per gli astanti!
Nessun faro ha mai puntato la luce sulla tua intelligenza, poiché sommessa, invisibile, e perciò, inesistente. Perciò venuta su quasi da sola e al buio. Un “nenniri”, come piantina di grano cresciuta in vaso, simbolo della resurrezione di Cristo. Chi si sarà occupato di una presunta scoliosi che “passa con la crescita”? Benevolenza da genitori: perché dover sottolineare un difetto? A un difetto si può fare l’occhio e dopo non te ne accorgi neppure. Anche io mi sono condotto così, ma era tardi per poter far meglio.
Lei è così: “bella dentro”! Una “bella dentro”, forse tale non è nata. Scusami, Camilla. Sai? Piuttosto penso che pure tu sia stata confezionata così un po’ alla volta, ma in modo soft, tra elusione e persuasione e premendo il tasto della tua oblazione ben riuscita. Perciò hai messo sempre qualcun altro davanti a te, sperando nel tuo turno al lancio successivo. Accade così che una persona sia destinata a vivere il peggio delle vite degli altri. Però il quando e il come morire, almeno in parte, l’hai deciso tu.
Sei stata coraggiosa, Camilla. E dopo questo, io posso anche infischiarmi se mi incriminano per omicidio, per induzione al suicidio o se, per altre gabole, mi cacciano dall’albo professionale. Ti ho perso, Camilla. Questo è il peggio che potesse capitarmi. Ma forse non ti ho perso del tutto, perché tu non sei mai caduta – né mai potrai cadere - dal mio cuore e dalla mia mente, e ho abitato il tuo morire, malgrado non abbia minimamente potuto risarcirti delle tue smisurate sofferenze. Questo racconterò, e di te come volontà selvaggia e tremenda, che ha nidificato in un me, acremente rastremato al tempo della parola esangue.

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